Politica

Salvini con Casapound: ma la nuova Lega nazionalista aspira davvero a governare?

La manifestazione organizzata lo scorso 28 febbraio a Roma da Salvini è costata al leader leghista un’intera settimana di attacchi e critiche da parte di stampa e satira. Nel mirino sono finiti Casapound e il suo vicepresidente, che dal palco di Piazza del Popolo ha lanciato una sorta di endorsement alla Lega e al suo programma politico. E poi le foto di Mussolini, i saluti romani, e tutta una retorica fascista dal sapore nostalgico.

La domanda però è questa. Perché Salvini, che non è certo uno sprovveduto, e che, stando a quanto dice, ambisce a spodestare l’altro Matteo, ha voluto marcare in modo così aperto e trasparente la sua vicinanza a Casapound? Insomma, a meno che Salvini non creda davvero che nei prossimi mesi la maggioranza relativa degli italiani ripieghi su posizioni di estrema destra, il suo unico modo per andare al governo e attuare il suo programma è raccogliere tutti i voti del centrodestra, o in modo diretto o con un’alleanza. E da un punto di vista strategico, per quanto possano essere popolose le fila delle destra estrema, invitando sul palco il leader di Casapound, per ogni 2 voti che guadagna a destra ne perde almeno 20 potenziali nell’area che va dal centro fino a Forza Italia.

Ma siamo davvero sicuri che Salvini aspiri a governare? L’evoluzione della Lega da partito dell’indipendenza padana a partito della nazione va certamente in questa direzione. Tuttavia, la manifestazione di Roma è un passo nella direzione opposta. Spacca a metà la destra italiana. Ripeto, a meno che Salvini non pensi di poter risucchiare tutti i voti dell’area berlusconiana, è molto improbabile che forzisti e Casapound si uniscano in un grande schieramento, per una diffidenza che, obiettivamente, è anche reciproca.

Se guardiamo a come Renzi ha conquistato il consenso di cui gode oggi risulta evidente che ha seguito la strategia opposta. Si è disancorato dall’eredità simbolica e concettuale della sinistra storica e si è spostato verso il centro, diventando un leader senza particolari connotazioni ideologiche, che può teoricamente raccogliere voti in qualsiasi area politica. Lo stesso si può dire di Marine Le Pen, che ha sapientemente smussato molte rigidità dell’approccio politico del padre ed oggi riesce a pescare voti in un elettorato molto vasto.

La leader del Front National aveva inviato un video di supporto alla manifestazione di Salvini. La stampa francese l’aveva punzecchiata, facendole notare che la sua registrazione era finita su un palco condiviso con i neofascisti italiani, di fronte a una piazza popolata anche dai sostenitori di Alba Dorata e di Pegida. Queste polemiche hanno costretto Marine Le Pen a prendere ufficialmente le distanze dai gruppi più estremisti, precisando che con loro non c’era nessun accordo. E questo perché Le Pen sa molto bene che la maggioranza di quel 30 per cento dei francesi che oggi la vorrebbe all’Eliseo non avrebbe gradito un accostamento alle formazioni neofasciste.

Osservando la manifestazione di Roma sembrerebbe invece che Salvini, più che a prendere la guida del Paese, si stia preparando ad essere consacrato a leader di opposizione, deciso a rimanere tale. E il paradosso è che questo congelamento di una parte consistente dei voti della destra è la più grande garanzia di stabilità che si possa offrire all’altro Matteo.