Politica

Belsito, da tesoriere della Lega a barista: “Lasciati 39 milioni, ho lavorato bene”

Espulso dal Carroccio nel 2012 per la vicenda dei diamanti acquistati dalla Tanzania con i soldi del partito, un anno dopo è stato arrestato dai pm di Reggio Calabria per appropriazione indebita, riciclaggio, truffa e false fatturazioni. Oggi è uno dei titolari del caffè Balilla di Genova. Oggi dice: "Quando tutto sarà finito scriverò un libro"

Si sono sfiorati senza incontrarsi, Francesco Belsito ex tesoriere della Lega Nord di osservanza bossiana e il nuovo leader del Carroccio, Matteo Salvini, a Genova per incoronare Edoardo Rixi candidato alla presidenza della Regione Liguria. Belsito è il gestore – in società con altri – del rinomato bar Balilla, specialità gelati, proprio dirimpetto al Teatro della Gioventù nel quale Salvini ha arringato un migliaio di leghisti liguri. La carriera politica di Belsito era finita dopo il coinvolgimento nella vicenda dei diamanti e dei lingotti d’oro acquistati in Tanzania nel 2010 con denari ricevuti dalla Lega Nord a titolo di rimborsi elettorali. E per le spese allegre autorizzate a favore dei membri del cerchio magico di Bossi. Espulso dalla Lega Nord nell’aprile 2012, un anno dopo era stato arrestato dai pm di Reggio Calabria con l’accusa di appropriazione indebita, riciclaggio, truffa e false fatturazioni.

Salvini a Genova quasi a casa di Belsito. Una coincidenza bizzarra, quasi uno sberleffo del destino, che ha scatenato la curiosità. “Con la politica ho chiuso”, ha dichiarato al Secolo XIX. Parole confermate a ilfattoquotidiano.it. “Quel passato per me è chiuso. A me interessa che i giudici facciano chiarezza e accertino la verità. Spero che venga fuori che gli investimenti che decisi erano stati fatti sempre nell’interesse del movimento. Tant’è vero che si sono rivelatiti azzeccati se al momento di lasciare l’incarico di tesoriere in cassa c’erano circa 39 milioni di euro”. Belsito rivela di non aver sentito alcun bisogno di assistere al comizio di Salvini. “Sarebbe stato come tornare indietro nel tempo e il mio presente è qui, alla cassa o al banco di questo bar. Con lui i rapporti sono sempre stati corretti. Non si è fatto vedere al bar perché, immagino, non lo ritenesse opportuno dal punto di vista politico“.

A novembre Salvini aveva rinunciato alla richiesta danni nei suoi confronti. Forse anche per questa ragione, Belsito ha avuto parole di miele per l’attuale numero uno del Carroccio: “Salvini sta facendo ciò che è giusto, cavalca il malcontento della gente che non ne può più. Il futuro della Lega Nord è lui”. Neppure una parola per l’antico maestro, l’Umberto Bossi che lo volle nella stanza dei bottoni. E una puntura di spillo per Edoardo Rixi, suo vecchio sodale ligure, che ovviamente si era ben guardato dal sorbire un caffè da Balilla. “Spero possa fare bene, anche se il suo programma elettorale non lo conosco. E il programma elettorale per un candidato dovrebbe essere la cosa più importante, se non sbaglio. Mi auguro che Rixi abbia almeno in testa le cose che vorrebbe fare”.

Della sua vicenda giudiziaria Belsito non parla in dettaglio. “E’ un impegno che ho preso con me stesso e non intendo derogare. E’ una vicenda privata e ne discuto soltanto con i miei avvocati. Quando tutto sarà finito allora scriverò un libro e racconterò come sono andati i fatti”. Di origini calabresi (della zona di Vibo Valentia), ma nato a Genova, 44 anni, iscritto alla Lega Nord dal 2002, Belsito aveva compiuto una carriera napoleonica. Da portaborse del ministro Alfredo Biondi, in pochi anni era diventato assistente del chiavarese Maurizio Balocchi, sottosegretario agli interni del governo Berlusconi (2006) e custode dei tesori del Carroccio. Alla morte di Balocchi (febbraio 2010), l’ultimo balzo: da vicetesoriere a tesoriere nazionale. Una ascesa bruscamente interrotta dalle procure di Genova e Milano che hanno scoperchiato il vaso di Pandora delle sue presunte malefatte. Il 5 febbraio scorso per Belsito e Bossi la procura di Genova ha fatto richiesta di rinvio a giudizio per truffa ai danni dello Stato, a proposito dei rimborsi elettorali (40 milioni di euro) che il tesoriere avrebbe utilizzato a favore della famiglia Bossi e del cerchio magico che gravitava attorno al senatur. L’udienza preliminare davanti al gup è fissata per il 20 marzo. La vicenda dei diamanti tanzaniani invece resta aperta presso la procura di Milano.