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Egitto, prima esecuzione per proteste post-Morsi: impiccato attivista islamico

Mahmoud Hassan Ramadan era accusato di aver sfruttato il disordine sociali seguito alla caduta del governo per partecipare a una barbara vendetta su alcuni giovani 'colpevoli' di aver manifestato contro i Fratelli musulmani nelle settimane precedenti: lanciandoli da alcuni metri di altezza e causando la morte di uno di loro

In Egitto torna ad essere applicata la pena capitale. E’ stata eseguita la prima condanna a morte per le violenze che nell’estate 2013 segnarono la fase successiva alla deposizione manu militari del presidente Mohamed Morsi, leader dei Fratelli musulmani. Nonostante si contino già a centinaia le pene capitali inflitte in processi di massa contro quelle che vengono descritte come le efferatezze seguite alla cacciata della Fratellanza dal potere nel luglio di due anni fa, finora le sentenze non erano state applicate a causa di ricorsi e annullamenti di processi. Ora però la mannaia è caduta su un primo imputato: Mahmoud Hassan Ramadan, attivista islamico accusato di aver sfruttato il disordine del dopo-Morsi per partecipare a una barbara vendetta su alcuni giovani ‘colpevoli’ di aver manifestato contro i Fratelli musulmani nelle settimane precedenti: lanciandoli da alcuni metri di altezza e causando la morte di uno di loro. Il video dei ragazzi che a turno cadevano urlando sull’ampio terrazzo di un sobborgo di Alessandria, spinti dalla sommità di una sopraelevazione, aveva destato sdegno nel Paese.

Il clima di violenza di quei giorni culminò a metà agosto con una repressione sanguinosa contro i Fratelli musulmani e l’eccidio di centinaia di persone durante lo sgombero di sit-in islamici in due piazze del Cairo, Rabaa al-Adawiya e al Nahda, ad opera di polizia ed esercito.

Il giustiziato era stato notato perché oltre a una canottiera bianca portava una bandiera nera da jihadista infilata nei pantaloni. Estremista, e non affiliato alla Fratellanza, l’uomo è stato l’unico a subire la pena di morte fra i 62 coimputati che hanno ricevuto condanne fra i 15 e i 25 anni di reclusione. Il lancio dei ragazzi nel vuoto, pratica che ora ricorda le uccisioni di omosessuali da parte dell’Isis, era stata solo una delle violenze attribuite allora ai Fratelli musulmani o a loro simpatizzanti: altri processi hanno documentato presunti sgozzamenti, linciaggi, mutilazioni. E alla fine il nuovo potere egiziano si è spinto a rimettere fuori legge l’intera Confraternita e a liquidarla poi come gruppo “terroristico“.