Calcio

Rapporto ultras-club: la figura di raccordo è obbligatoria, ma l’Italia è in ritardo

Si muove qualcosa solo in Serie B, che ha chiamato a raccolta i supporters liaison officer (slo) delle 22 squadre per iniziare un percorso che proseguirà con incontri mirati in collaborazione con l’associazione Supporters in Campo

Si procede con lentezza, eppure qualcosa si muove perché il rapporto tra società e tifoserie progredisca secondo le linee guida della Uefa. Al momento l’introduzione della figura degli slo – supporters liaison officer – è rimasta poco più di una formalità per ricevere la licenza e iscriversi ai campionati professionistici. Lo dimostrano i numeri. Obbligatoria da quest’anno e caldeggiata dalla task force del ministero dell’Interno ha finora incontrato non poche difficoltà nella sua attuazione pratica. Colpe varie, imputabili in primis alla maggior parte delle società che – anche a causa dei tempi stretti – hanno scelto come persone preposte alla cura dei rapporti tra club e tifoserie dipendenti con altre mansioni. Chi ha percorso altre strade, si è affidato a volontari o collaboratori spesso lontani dall’ambiente del tifo organizzato. E soprattutto senza un budget per svolgere il proprio lavoro, in alcuni casi da portare avanti anche rimborsi spese. Tanto che la stessa Figc reputa i risultati ottenuti finora al di sotto della sufficienza. La situazione è simile in tutti i campionati, ma dopo i problemi iniziali qualcosa inizia a muoversi. Ad accelerare per prima è la Serie B, che mercoledì ha chiamato a raccolta gli slo delle 22 squadre per iniziare un percorso che proseguirà con incontri mirati in collaborazione con l’associazione Supporters in Campo, nata per promuovere una partecipazione diretta dei tifosi alla governance del movimento e dei club.

“Il rapporto con i tifosi emerge solo nelle difficoltà. Dobbiamo rovesciare questo concetto”, spiega il direttore generale della Lega Serie B Paolo Bedin. A convincersene dovrebbero essere in primis i presidenti. I numeri del secondo campionato italiano raccolti dalla Federcalcio tramite un questionario (sei club non hanno risposto, “ma dovranno farlo a breve” aggiunge Bedin) scattano una fotografia chiara: ad oggi l’età media degli slo è di 45 anni, in 14 hanno altri incarichi nella società e una delle due figure dedicate esclusivamente alla tifoserie è un volontario. Quattro di loro non hanno rimborsi spese, nessuno ha disponibilità economica per intraprendere delle iniziative mirate alla collaborazione tra club e tifoserie. “Una situazione simile si registra in Lega Pro e in A, dove solo due club hanno stanziato budget che oscillano tra i 3 e i 30mila euro”, dice Antonio Talarico, coordinatore del progetto Supporter-Figc. Eppure sulla misura varata dalla task force ministeriale puntano forte in tanti. A partire l’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive del Viminale: “Siamo ancora in una fase di definizione. Alcune società non hanno compreso fino in fondo il valore che una figura come lo slo può assumere nella gestione di situazioni delicate – spiega il presidente dell’Osservatorio Alberto Intini – Ma ora si accelera di nuovo. Lo slo rappresenta la rappresentazione fisica di un dialogo necessario”.

Eppure è la cronaca degli scorsi mesi a raccontare in maniera pratica quanto i responsabili dei rapporti con le tifoserie possano risultare importanti. A settembre quattro ultrà del Latina furono aggrediti da cinque livornesi mentre si trovavano in un bar del lungomare in attesa della partita. Un episodio che, ingigantito dal passaparola, generò tensioni nel settore ospiti ma venne gestito e risolto dallo slo della squadra laziale Fabrizio Ziroli. Con tanto di ‘riconoscimento’ del questore della città toscana per il lavoro svolto. “In un periodo di preoccupazione derivante da una crescita delle tensioni, alle quali lo stadio non è immune, il dialogo diviene uno strumento importante per prevenire e gestire i rischi”, commenta il vice presidente operativo dell’Osservatorio Roberto Massucci che ritorna anche sugli incidenti di Roma-Feyenoord: “Sono stati la rappresentazione plastica di come il dialogo tra sole forze di polizia può non essere sufficiente”.

E proprio all’estero guarda la Serie B, proponendo esempi di best practice. Anche se esperienze importanti sono già vive in Italia. Come a Brescia dove richieste e problematiche della tifoseria sono mediate da Pietro Di Sabato, un ex poliziotto che ha inseguito i criminali della provincia lombarda e fatto parte della Digos nella sezione dedicata al tifo. All’estero però sono un passo avanti: “Abbiamo incontrato le vostre stesse difficoltà. Progredirete con il tempo – ammette Jurgen Bergmann, slo del Norimbega dal 1986 – Oggi in Bundesliga sono obbligatori due supporters liaison officer con impegno a tempo pieno. L’importante è che le regole siano chiare e vengano scelte persone credibili”. Concetto ribadito anche da Stuart Dykes, coordinatore per la Uefa del progetto Slo: “Non tutti possono ricoprire efficacemente questa figura, ma è comunque importante scegliere dalla base. Guardate il caso del Djurgarden: uno dei due slo è Stefan Ryderfelt, un ex hooligan”.