Politica

Gioco d’azzardo, il decreto del governo introdurrà 250mila nuove videolottery

Le norme per il riordino dei giochi saranno discusse nel prossimo consiglio dei ministri. Proteste M5S: "Sono macchine pericolosissime. E' come togliere la marijuana terapeutica e dare il metadone ai malati"

Che l’affare sia ghiotto lo dimostrano le forze in campo. Anche stavolta i signori del gioco si sono mossi per tempo, e strappato un regalo dalle enormi potenzialità, soprattutto per qualcuno. Quello, per intenderci, contenuto in due righe del decreto di riordino dei giochi, uno dei tanti attuativi della delega fiscale: l’obbligo di sostituire entro due anni tutto il parco slot in circolazione. Oggi se ne contano circa 350mila ma attraverso vincoli più stringenti, il governo punta a cancellarne almeno centomila, il resto andrà sostituito per procedere a una “modernizzazione”. Con cosa? Con le più grandi Vlt, le videolottery che funzionano a jackpot e con importi (e vincite) molto più alti. Risultato: da qui al 2017 si spalanca una affare da 250mila apparecchi, che fa gola a tanti, ma è alla portata di pochi colossi.

Le bozze finali sono custodite gelosamente, la norma, però, – assicurano fonti di governo – è nel testo definitivo, previsto per il prossimo Consiglio dei ministri. Chi ha seguito l’iter dei lavori parla di un testo su cui nelle ultime settimane si sono concentrate le attenzioni dei grandi big del settore, a partire dal leader di settore Lottomatica. E su chi quelle norme le ha elaborate: la direzione affari legali dei monopoli di Stato, guidata da Italo Volpe, ex capo del legislativo del ministero dell’Economia. È qui che le bozze vengono studiate in contatto con gli uffici di Via XX settembre. L’attenzione dei colossi non è casuale. Metà delle videolottery, infatti, sono distribuite da Novomatic (45% del mercato), colosso austriaco da 20 mila dipendenti e 3,5 miliardi di fatturato, una piccola parte (circa il 13 per cento) da Inspired, azienda quotata alla borsa di Londra, il resto da Spielo, società canadese solo sulla carta, perché controllata da Gtech, a sua volta acquisita nel 2007 proprio da Lottomatica. Che così gioca in due campi, da un lato produce e affitta i costosi apparecchi, dall’altro riscuote la raccolta come concessionario. Da settembre, l’azienda guidata da Marco Sala –e controllata da De Agostini – si è affidata a un lobbista di grande esperienza come Giuliano Frosini, manager di rito bassoliniano, con ottime entrature nel giglio magico di Matteo Renzi e vecchia conoscenza di Volpe. Anche Novomatic gioca in prima persona, visto che è esercente e gestore di sale gioco. Ora per loro si apre un affare da miliardi di euro.

La norma è duramente contestata dai Cinque Stelle, che parlano di regalo alla lobby dell’azzardo. Tanto più che fino a due settimane fa non figurava nelle bozze in circolazione. Sulla carta, la misura è giustificata da esigenze di controllo. Le Vlt, infatti, sono collegate in rete e possono essere controllate da remoto. Per installarle, poi, serve l’autorizzazione della questura. In pratica, assicura il governo, così si aumentano i controlli. Secondo il senatore Giovanni Endrizzi (M5S), sono invece pericolosissime: “È come togliere la marijuana terapeutica e dare il metadone ai malati del gioco”. La gran parte, infatti, funziona a banconote e questo crea parecchi problemi sul fronte della lotta al riciclaggio di denaro. Tanto che, ricordano i 5 Stelle, durante la missione della Commissione antimafia a Reggio Emilia, il Procuratore di Bologna e diversi prefetti hanno chiesto di estendere i certificati antimafia alle Vlt. “Saranno di tipo leggero – assicura al Fatto il sottosegretario Pier Paolo Baretta– Non si potranno giocare importi superiori a un euro”. Si vedrà. I dettagli sono demandati a un futuro decreto ministeriale, che dovrà chiarire anche come sarà possibile installare 250 mila macchinette (oggi sono 50 mila) nelle aree dove non esiste ancora la banda larga. Nel 2009, Berlusconi aprì il mercato alle videolottery con la scusa di trovare le risorse per i terremotati dell’Abruzzo. Da allora lo Stato ha incassato miliardi, ma non L’Aquila, dove i soldi non sono mai arrivati.

Le associazioni sono infuriate. Dal canto suo il governo ha ridotto l’obbligo di pubblicità ai concessionari, confermato la tassa da 500 milioni della Stabilità, e imposto un limite di sette metri quadri per apparecchio. C’è però un comma curioso che impone a Comuni e Regioni di adeguarsi alla legge nazionale in materia di sale giochi:
se confermato, farebbe decadere tutte le normative più stringenti adottate in questi anni.

da il Fatto Quotidiano di domenica 22 febbraio 2015