Mafie

‘Ndrangheta al nord, indagato anche ex senatore Grillo. Fresco di condanna Expo

L'ex parlamentare di Forza Italia inquisito nel filone bresciano dell'inchiesta Aemilia, insieme all'ex Dc Bonferroni e al sindaco di Mantova Sodano. Ma le carte svelano anche la penetrazione dei clan nell'edilizia della Lombardia orientale, fino agli appalti della Tangenziale. Il pentito: "Li ho visti arrivare con i camion bucati, ma qui hanno trovato l'America"

Dalla provincia di Crotone all’Emilia e da Reggio Emilia al bresciano. La Lombardia, “provincia della Calabria” secondo la geografia di conquista ‘ndranghetista, è ormai la terra promessa della nuova criminalità calabrese. Zona franca, “America” per la seconda generazione della ‘ndrangheta, “capace di sperimentare nuovi modelli criminali – spiega a ilfattoquotidiano.it il procuratore generale di Brescia, Pierluigi Dell’Osso – senza alterare gli equilibri con le strutture tradizionali in Calabria”. È il quadro emerso nell’inchiesta delle Direzioni distrettuali antimafia di Bologna e Catanzaro, insieme alla Dda di Brescia, che il 28 gennaio ha portato ad oltre 160 arresti e all’iscrizione nel registro degli indagati di imprenditori e funzionari pubblici, tra cui il sindaco di Mantova Nicola Sodano, l’ex senatore Dc e consigliere di Finmeccanica Franco Bonferroni – ma il suo avvocato ha smentito il coinvolgimento – e l’ex senatore di Forza Italia Luigi Grillo, fresco di patteggiamento nel processo sulla corruzione negli appalti dell’Expo di Milano.

Brescia, “l’America” calabrese. La provincia di Brescia, insieme a quella di Bergamo, sono il primo approdo e lo snodo della criminalità calabrese in cerca di territori per l’espansione economica. Ne parlano, nelle carte dell’inchiesta della Dda di Bologna, pentiti considerati di rilevante statura criminale come Angelo Salvatore Cortese di Cutro (Crotone): “Persone che io conoscevo, che abitavano vicino a casa mia in Calabria – racconta Cortese ai magistrati – camminavano con camion con dei buchi di fianco, marci no…hanno fatto un salto di qualità che io son rimasto quando l’ho visto…mah, ha trovato l’America qua”.

Le fortune della generazione dell’“altra ‘ndrangheta” – cresciuta economicamente al nord – nascono nella Lombardia orientale, tra il bresciano e la provincia bergamasca. Secondo il racconto di Cortese, che descrive il percorso dell’imprenditore Giuseppe Giglio di Crotone – arrestato nell’operazione Aemilia – “quando arrivò in Emilia Romagna camminava con una coperta, una coperta sulle gambe, che il camion aveva un buco così, era un Daf, mi ricordo bene che era anche sequestrato. E iniziò la sua attività così. Iniziarono diciamo dal niente e adesso hanno creato un impero”.

Il segreto dell’accumulazione primaria del capitale mafioso sarebbe, secondo questo racconto, il materiale per l’edilizia, comprato in nero dai cavatori bresciani e bergamaschi. Materiale ritirato – secondo una confidenza riferita al collaboratore di giustizia – “ogni quindici venti giorni (…) con la Bmw X5 (…) con 80mila euro contanti addosso, a Brescia in una cava (…) dove aveva preso materiale in nero”. In una cava bergamasca sarebbero poi finiti, secondo le indagini condotte nel 2010 dalla Guardia di Finanza – che sequestrà alcuni camion della Giglio Srl – i rifiuti smaltiti illecitamente dall’impresa di Giglio in un sito estrattivo di Mapello, di proprietà della società bresciana Nuova Beton.

L’appalto per la Tangenziale Sud. La Nuova Beton di San Polo, storica impresa di cavatori della periferia sud-est di Brescia, aveva infatti subappaltato nel 2010 – secondo quanto riportano i magistrati – il trasporto terra alla Giglio Srl nell’ambito dei lavori per la Tangenziale Sud della città. Si tratta dunque di imprenditori in grado di lavorare nei più grandi appalti e di mobilitare, all’occorrenza, funzionari di polizia per tentare di far revocare l’estromissione dal cantiere in seguito a un’informativa antimafia. Quando la Dia di Milano scriverà un rapporto che porterà all’allontanamento della Giglio Srl dal cantiere della Tangenziale Sud, Giglio verrà aiutato da un ispettore di polizia di Reggio Emilia, che lo informava sulle indagini in corso della Dda di Catanzaro, mettendosi “a disposizione (…) – scrive il gip – in un rapporto di assoluta simbiosi” con gli imprenditori calabresi.

Geografia ‘ndranghetista. “Sono il Monco di Rosarno, per il fatto della mano offesa. Cioè, ti puoi informare anche lì a Brescia e chiedi di Ciccio Amato, quello con la mano offesa (…) vedi se ti dicono se sono un pagliaccio o sono una persona che porta rispetto”. Così si rivolge, in una conversazione intercettata dagli investigatori, il calabrese Francesco Amato all’imprenditore Giovanni Cagliostro, vittima di tentata estorsione. Amato, che coinvolge anche il fratello chiedendogli di aspettarlo fuori da casa “con i bastoni”, sta tentando di recuperare dei soldi per conto di una terza persona. A Rovato “ci sono tanti amici miei – spiega Amato – lì a Brescia (…) c’è la Ionica”. Brescia, terra di cave e rifiuti, e degli affari riservati della nuova ‘ndrangheta: “Mentre la Lombardia è considerata, in gergo ‘ndranghetista, una Provincia della Calabria – scrive il gip di Bologna a proposito del racconto del collaboratore di giustizia Francesco Oliverio – in quanto capace di organizzarsi con almeno 25 locali, l’Emilia ad oggi non ha ancora raggiunto detto status”. Ma nella Lombardia orientale, terra di conquista della nuova criminalità imprenditoriale calabrese, la Direzione investigativa antimafia è stata istituita soltanto pochi mesi fa.