Emilia Romagna

L’infermiera che fece il selfie col cadavere resta in carcere: ‘Dispensatrice di morte’

Daniela Poggiali è accusata di avere ucciso una paziente con una fiala di potassio. Il Tribunale del Riesame di Bologna cita anche casi di anziani purgati "ridotti a strumento di punizione per le colleghe". Tanti i decessi avvenuti nei suoi turni di lavoro. "Si era erta ad arbitra della vita e della morte dei pazienti"

L’infermiera è “un autentico pericolo pubblico” e ha ucciso “per il compiacimento che le deriva dall’essere dispensatrice di morte“. L’unico elemento a favore? “Solamente l’incensuratezza”. Un dato che, però, è “formale e provvisorio”. Il tribunale del Riesame di Bologna ha deciso che Daniela Poggiali, accusata dell’omicidio della paziente 78enne Rosa Calderoni, rimarrà in carcere. L’8 aprile 2014, presso l’ospedale Umberto I di Lugo in provincia di Ravenna, fu lei a somministrare alla donna il potassio, “in maniera dolosa e non colposa”. Poi fece un selfie con l’anziana, ormai deceduta.

I giudici del Riesame di Bologna, sulla base degli elementi raccolti dai carabinieri dell’Investigativo, oltre a confermare il carcere (la 42enne infermiera aveva chiesto di annullare la misura cautelare), sono stati netti nell’indicare le presunte responsabilità dell’indagata. Per la sospettata viene inquadrata una “filosofia di fondo ora nitidamente portata alla luce” anche grazie alla consulenza statistica sul numero dei decessi in ospedale: “L’indagata – si legge nell’ordinanza – si era erta ad arbitra della vita e della morte dei pazienti”.

Sono stati pure citati i casi di anziani purgati “ridotti a strumento di punizione per le colleghe” che poi dovevano ripulirli. O ancora sedati perché ritenuti particolarmente fastidiosi. Un atteggiamento di “spregiudicatezza” della 42enne che a un certo punto addirittura “alza il livello della sfida: uccide la Calderoni nel corso del turno diurno” e “sotto agli occhi della figlia dopo averla fatta brevemente allontanare dalla stanza”. Un “autentico pericolo pubblico” che “ha dato fondo alle sue ingovernabili pulsioni criminali” arrivando a “uccidere in forma di veneficio” e “non in nome di qualche malinteso senso di umanità”, ma “per il compiacimento che le deriva dall’essere dispensatrice di morte“.

Come prova a carico dell’infermiera anche i tanti decessi nei suoi turni di lavoro: negli ultimi due anni di servizio della Poggiali – secondo una consulenza statistica che la Procura di Ravenna (pm titolari Alessandro Mancini e Angela Scorza) aveva depositato al Tribunale del Riesame – si sono registrati all’ospedale di Lugo 191 decessi, di cui 139 avvenuti nello stesso settore in cui in quel momento lavorava l’indagata. Un numero, quello rilevato, superiore “di due volte e mezzo” rispetto a quello dei decessi osservati quando la 42enne, sebbene in servizio, era assegnata al settore opposto. Tanto che nell’ ordinanza che conferma il carcere si parla di “un significativo eccesso di mortalità quando la Poggiali era in servizio”.

Intanto la Procura di Ravenna ha fatto sapere che chiederà per l’infermiera il giudizio immediato per omicidio pluriaggravato e peculato di alcune fiale di potassio. “La Procura – ha aggiunto il Procuratore Mancini – verificherà se tutto questo poteva essere evitato. E se sì, da chi non è stato evitato”.