Cronaca

Parenzo e Pacifici “intrappolati” nella notte ad Auschwitz: “Vicenda kafkiana”

Il portavoce della Comunità ebraica di Roma e il giornalista di Matrix insieme alla troupe sono stati rinchiusi nel campo, nonostante avessero il permesso notturno. Per uscire hanno rotto una finestra: a quel punto è suonato l'allarme, la polizia è intervenuta e sono stati accusati di "effrazione"

Due ebrei rinchiusi (per sbaglio) ad Auschwitz nel giorno della Memoria, poi interrogati fino all’alba – prima dentro l’ex campo di concentramento poi nel commissariato locale – e accusati di “effrazione”. Il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e il giornalista David Parenzo, poche ore dopo la cerimonia solenne alla presenza di 15 capi di Stato e 4000 invitati, sono rimasti intrappolati in quello che fu il lager-simbolo dello sterminio nazista. Insieme a loro anche Fabio Perugia, portavoce della Comunità ebraica di Roma, Gaetano Mazzarella e Matteo Raimondi, della troupe di Matrix. Una vicenda che è arrivata a conclusione solo grazie all’intervento dell’ambasciata italiana in Polonia e dell’unità di crisi della Farnesina.

“Due ebrei rinchiusi ad Auschwitz! Una vicenda surreale, kafkiana”, spiega Pacifici, provato, come gli altri, da una notte passata nelle mani della polizia e perlopiù al freddo. “Avevamo appena concluso un collegamento con Matrix da dentro il campo – spiegano lui e Parenzo – mostrando l’autorizzazione con il permesso notturno – quando ci siamo accorti che non c’era più nessuno e ci avevano chiusi dentro. Eravamo proprio dietro il cancello con la famosissima scritta ‘Arbeit macht frei‘ (Il lavoro rende liberi). Abbiamo chiamato a lungo qualcuno che ci aprisse, ma niente. Ci siamo sbracciati sotto le telecamere di sorveglianza e niente”.

Mentre la temperatura si abbassava i cinque hanno visto una finestra aperta, l’hanno aperta e sono entrati cercando una via d’uscita. A quel punto è scattato l’allarme e si sono materializzati gli uomini della sicurezza che hanno chiamato la polizia. “Ci hanno tenuto tre ore e mezza dentro il campo, interrogandoci, è venuta la polizia criminale e anche la scientifica. Poi ci hanno portato in commissariato e ci hanno detto che eravamo in stato di fermo per 48 ore“, raccontano poco prima di prendere un volo che li ha riportati a Roma. “Certamente non si tratta di un’azione antisemita ma piuttosto di una falla del campo. Chiaramente la struttura non è protetta, come dimostrano le finestre aperte”.

L’intervento della Farnesina è stato determinate per risolvere il malinteso. “Non è stato un episodio piacevole – conferma Pacifici – anche perché accaduto nel luogo in cui sono morti mio nonno e mia nonna. Mi ha dato fastidio emotivamente tanto che ho detto ai poliziotti: ‘O mi arrestate o mi lasciate libero perché sono profondamente turbato’. Una storia surreale”.