Cronaca

Segni, castello abbattuto per la cava: fiume di denaro pubblico per custodire le pietre

Le rovine di un castello medievale abbattute per ampliare una cava di calcare. Una vicenda kafkiana accaduta a Segni, piccolo comune in provincia di Roma. Il castello di Vicoli, dove nel 1082 fu imprigionato San Bruno, patrono di Segni, è stato demolito nel 2013, a seguito di una delibera dello stesso Comune di Segni. Maria Assunta Boccardelli, sindaco del paese al tempo era all’opposizione e fece un’interrogazione in merito alla vicenda. La convenzione con la società che gestisce la cava (la ES.GRA srl) prevede la ricostruzione del castello da parte della società stessa. “La Esgra dovrebbe conservare i reperti catalogati – spiega il sindaco – e ricostruire il castello. Per questo la precedente amministrazione ha stabilito che il Comune di Segni deve versare all’azienda 200 mila euro. Secondo le previsioni della vecchia amministrazione invece la Esgra avrebbe dovuto versare al Comune, per l’utilizzo del terreno, 600 mila euro, ma ne abbiamo incassati solo 120 mila”. Così Segni oltre ad aver perso il castello, al momento sembra non averci neanche guadagnato dei soldi, anzi, ad oggi le casse sono in passivo. Non solo. Se tutto andrà bene il castello verrà ricostruito dalla Esgra nel 2031 “al termine del progetto – spiega a ilfattoquotidiano.it Pietro Cipollari, l’ex direttore tecnico dell’azienda – che ha una durata di vent’anni; sempre se questa crisi economica ci permetterà di lavorare”. L’ex direttore tecnico ci tiene a precisare che i reperti del castello sono custoditi in un capannone dell’azienda, catalogati e pronti ad essere utilizzati per la ricostruzione. Comunque vada, se tutto andrà bene, il castello rivedrà la luce nel 2031. Intanto il Movimento 5 Stelle in Regione Lazio presenterà un’interrogazione sulla vicenda denunciata da ilfattoquitidiano.it: “Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione – ha dichiarato Gianluca Perilli, capogruppo del M5S – per andare in fondo alla questione. Non è possibile aspettare il 2031 per rivedere un’opera di grande valore per il territorio con delle rassicurazioni da parte dell’azienda praticamente nulle, che – conclude – viene tra l’altro pagata con dei soldi pubblici per questa fantomatica ricostruzione”  di Luca Teolato