Calcio

Massimo Ferrero show: Viperetta e la 3° generazione del presidente Trimalchione

In principio furono Rozzi, Anconetani, Lugaresi, Massimino e Sibilia: piccoli indutriali che cavalcarono l’epoca d’oro del calcio italiano portando nei club di provincia campioni di fama mondiale. Poi arrivarono Zamparini, Gaucci, Cellino e Cecchi Gori. E ora c'è lui, che monopolizza tv e media giocando col suo personaggio

La domanda che si pongono gli spettatori è questa: sono le televisioni che lo invitano per alzare l’audience, o è lui che indossando la nobile maschera teatrale del buffone utilizza le telecamere a suo vantaggio? Lunedì sera sulle reti Mediaset è andata in onda l’ultima puntata del Massimo Ferrero Show. Il presidente della Sampdoria dapprima si è distinto in un raffinato lavoro di metalinguaggio televisivo producendosi nell’imitazione del suo imitatore (Maurizio Crozza). Poi ha espresso alcuni giudizi sui colleghi presidenti. A cominciare da Thohir, con il quale ha evidentemente un contenzioso aperto, perché dopo averlo insultato nelle puntate precedenti, ha detto: “Chi è Thohir? Siete antichi, andate avanti con queste domande. Se prendete un filmato fatto al Corriere dello Sport io saluto tutta la Filipponia (sic)”.

In vista della sfida cinematografica di lunedì sera tra la sua Sampdoria e il Napoli di De Laurentiis, Ferrero, che ha un passato da attore e un presente da produttore cinematografico, ha detto: “Sarà una grande emozione incontrarlo”. Mentre di Lotito, che a un cinepanettone prodotto dallo stesso De Laurentiis (L’allenatore nel pallone 2, 2008) ha preso parte, ha tessuto sperticate lodi: “E’ il numero uno. Se c’è un funerale vuole fare il morto, se c’è un matrimonio vuole fare la sposa. Lasciatelo lavorare che è un grande lavoratore che ama il calcio”. D’altronde che Ferrero abbia spostato la Sampdoria – ex club ribelle ai tempi dei Garrone – sulla linea politica lotitiana è evidente dalle ultime assemblee di lega e federali. E dal fatto che il vecchio nemico Infront (il potentissimo advisor dei diritti tv) oggi gestisca i diritti marketing e advertising della società blucerchiata.

L’ultima frecciata Ferrero l’ha poi riservata al presidente del Palermo Zamparini. “Lui rosica perché è un grande esperto e non ha vinto niente – ha detto – Io voglio rimanere inesperto ma voglio vincere qualcosa. A Zamparini poi voglio dire questo: Crozza non potrà imitarlo mai”. Questo attacco a Zamparini, che esula da motivi calcistici e si concentra sugli aspetti mediatici del personaggio, è il fulcro del Ferrero Show: la necessità di demolire con Zamparini l’ultimo superstite della seconda generazione, il trait d’union tra i vecchi e i nuovi presidenti che hanno fatto la storia mediatica del pallone. Zamparini inteso come erede della prima generazione – i presidenti mattatori che spadroneggiavano negli anni Ottanta e nei primi Novanta – e come ponte per l’approdo alla nouvelle vague degli anni Dieci dei Ferrero e dei Lotito.

La prima generazione è quella di Rozzi, Anconetani, Lugaresi, Massimino e Sibilia. I presidentissimi che hanno segnato l’epoca del pallone biscardiano: il racconto di un paese che usciva dalle stragi di stato ed entrava nel maxiprocesso alla mafia. Rozzi ad Ascoli indossava solo calzini rossi, ben prima delle cravatte gialle di Galliani. Anconetani a Pisa cospargeva il campo di sale. Massimino si distingueva per frasi del tipo “se alla squadra manca amalgama lo acquisteremo al prossimo calciomercato”. Lugaresi non trovava mai le parole giuste. Piccoli industriali che cavalcarono l’epoca d’oro del calcio italiano portando nei club di provincia campioni di fama mondiale, padri padroni che licenziavano allenatori in serie, capitani coraggiosi ante litteram che sfruttavano la visibilità offerta del calcio come moneta di scambio politica e per affari leciti e meno leciti sul territorio.

Dopo di loro la seconda generazione: Zamparini, Gaucci, Cellino e Cecchi Gori. Alfieri calcistici dell’Italia del ventennio berlusconiano, presidenti capaci di clamorosi colpi di genio calcistico – era anche il loro un calcio in cui l’Italia dominava in Europa – e violente cadute negli inferi sportivi e non solo. A tutti questi presidenti, di prima e seconda generazione, sono associati grandi campioni. A molti di loro inchieste giudiziarie che hanno messo fine al loro regno. Di Massimo Ferrero, il leader della terza, per ora si sa che proprio dal fallimento di Cecchi Gori ha acquistato una quantità immensa di multisale cinematografiche romane (che chiudono una dopo l’altra). Che ha patteggiato una condanna a un anno e dieci mesi per bancarotta fraudolenta della compagnia aerea Livingston. E che ha acquistato la Sampdoria dai Garrone gratis e ripulita dai debiti. Da come riuscirà a pareggiare la fama dei suoi illustri predecessori, non solo davanti alle telecamere ma anche attraverso risultati sportivi, si potrà giudicare la terza generazione.

Twitter @ellepuntopi