Mafie

Certificato antimafia, Aula dice sì anche per ditte estere. Ma legge esce monca

La denuncia del senatore M5s Vito Crimi: "Così chi risiede all'estero non dovrà presentare la documentazione. La commissione aveva chiesto la modifica. E' regalo a Cosa nostra". Grasso si impegna a calendarizzare il ddl correttivo dei grillini

Una modifica al Codice antimafia chiesta all’unanimità dalla Commissione. Che poi però è scomparsa una volta che la legge è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale. “E’ un regalo alla criminalità organizzata”, ha denunciato il senatore M5s Vito Crimi. Nel testo finale si prevede che a presentare documentazione antimafia debbano essere solo i titolari di aziende “residenti nello Stato italiano”. I rappresentanti dei partiti avevano invece approvato la modifica proposta da Crimi: ovvero di estenderlo anche a chi risiede all’estero. Ora il parlamentare grillino chiede che venga discusso al più presto il suo ddl che prevede l’abolizione delle sei parole che limitano la necessità del certificato all’Italia. “E’ un regalo a Cosa Nostra“, ha detto Crimi. “La formulazione così come è rimasta è pericolosa e va cambiata, magari in sede deliberante e in tempi rapidi. Se il codice resta così significa che basta prendere il parente pulito e farlo risiedere all’estero per farla franca”. A rispondere all’appello del senatore è stato il presidente Piero Grasso che si è impegnato a calendarizzare al più presto il ddl correttivo.

“Il governo”, ha spiegato il senatore M5s, “nel modificare il codice antimafia per l’ennesima volta, ha presentato un decreto assegnato alle Commissione riunite 1a e 2a. Si dovevano solo apportare alcuni correttivi: uno di questi era relativo alla documentazione antimafia che le aziende devono produrre quando fanno dei lavori pubblici. Una documentazione che deve essere prodotta dal titolare e da tutti i soggetti responsabili dell’azienda e dai relativi familiari conviventi. Purtroppo, la norma non prevedeva la dicitura ‘maggiorenni’, quindi era troppo estensiva (si potevano coinvolgere anche i figli minorenni) e bastava aggiungere la parola “maggiorenni” per risolvere tutto”.

Ed è proprio nella correzione, ha segnalato Crimi, che si è fatto un nuovo errore. “Quando il testo è arrivato per il parere, ci siamo accorti che si parlava di maggiorenni, ma residenti nello Stato italiano. Sono state introdotte queste parole, notte tempo, e non sappiamo come e perché”. Una dicitura che secondo Crimi lascia spazio a problemi e incomprensioni: “Ora lasciando da parte il differente trattamento tra un’azienda che ha il titolare residente all’estero rispetto a un’altra il cui titolare risiede in Italia, che già sarebbe una violazione della concorrenza, rendiamoci conto che questo è un invito alle mafie a prendere le loro aziende, intestarle al familiare pulito, farlo risiedere all’estero cosicché nessuna documentazione antimafia verrà richiesta ai familiari mafiosi”.