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iPhone, rimosso monumento da ateneo di San Pietroburgo: “Simbolo di sodomia”

Dopo il coming out del ceo Tim Cook, il presidente della società che aveva fatto installare il monumento alla memoria di Steve Jobs attacca: "La propaganda gay è vietata per legge". L'Ateneo smentisce. Ma in Russia scatta il boicottaggio dell'azienda di Cupertino

“L‘iPhone è un simbolo di sodomia”. Maxim Dolgopolov, presidente della società russa Zefs (Unione Finanziaria Europea Occidentale), che aveva pagato l’istallazione un iPhone gigante nel cortile dell’università nazionale di Information Technologies di San Pietroburgo, non fa tanti giri di parole per spiegare la rimozione del monumento a Steve Jobs, dopo il coming-out del suo successore alla guida di Apple, Tim Cook. “Il monumento è stato smontato in conformità con la legge federale” – spiega la società, secondo quanto riportato da una radio moscovita. “La propaganda gay e di altre perversioni sessuali tra i minori – continuano – è vietata per legge. Inoltre il monumento sorgeva in una zona di diretto accesso ai giovani studenti”.

Nella regione di San Pietroburgo è già da tempo in vigore la famigerata legge anti-gay, valida in tutto il territorio russo dal gennaio 2013 dopo l’approvazione da parte della Duma, per cui è vietato perfino parlare dei diritti degli omosessuali. Il deputato pietroburghese Vladimir Milonov, tra i più accaniti sostenitori della spinta omofoba del Cremlino che sta causando numerose proteste contro Putin, ha proposto di proibire l’ingresso in suolo russo a Tim Cook, dopo la rivelazione della sua omosessualità dello scorso 30 ottobre.

Le voci sulle motivazioni sulla rimozione dell’I-phone, alto due metri e dotato di un enorme touchscreen, contrastano però tra loro. L’Università di San Pietroburgo ha infatti smentito categoricamente ogni legame con il coming-out dell’ad di Apple, ma il monumento tecnologico dedicato a Steve Jobs avrebbe dovuto essere smontato, a causa di guasti tecnici, già prima delle dichiarazioni di Cook sul suo orientamento sessuale. Eppure, la presa di posizione della Zefs è chiara e provocatoria: “L’I-phone minaccia i valori della famiglia tradizionale. Lasceremo che venga messo nuovamente nel cortile dell’Università solo se servirà a mandare un messaggio all’America, affinché rifiuti i servizi Apple”.