Mafie

Trattativa, Napolitano testimonia nella “Sala Oscura”. Esclusi i giornalisti

Oggi la deposizione "blindata" del Capo dello Stato, in una "location" priva di finestre sull'esterno. Una trentina i partecipanti tra giudici, pm e avvocati, senza cellulari né tablet. Niente cronisti, che pure la Corte d'assise aveva ammesso

È una stanza senza finestre che danno sull’esterno, ed è per questo che nel ‘700 si era guadagnata l’appellativo di “Sala Oscura”. Un paradosso a cavallo di tre secoli di storia, dato che la Sala del Bronzino, una delle più grandi stanze del Quirinale, utilizzata dal Papa per le attività di rappresentanza, è quella scelta dal cerimoniale del Colle per ospitare la testimonianza di Giorgio Napolitano al processo Trattativa Stato-mafia. Una Sala Oscura, quindi, per una storia, quella della Trattativa tra pezzi delle Istituzioni e Cosa Nostra, che è un eufemismo definire cupa, mentre la deposizione del capo dello Stato sarà letteralmente blindata. Andando avanti con la storia, tra l’altro, il carico paradossale degli ambienti del Quirinale scelti per la delicatissima udienza non diminuisce: con l’avvento dei Savoia, infatti, la Sala del Bronzino da “Oscura” divenne la “Sala delle battaglie”.

E in effetti si fa fatica a non definire tale il percorso che ha portato il Presidente della Repubblica ad accettare di sottoporsi alle domande della procura di Palermo: prima il Colle ha portato l’ufficio inquirente siciliano davanti la Corte Costituzionale, sollevando il conflitto d’attribuzione che ha poi portato alla distruzione delle telefonate tra Nicola Mancino e il capo dello Stato, poi Napolitano ha inviato una lettera alla corte d’assise per comunicare di non avere “nulla di utile da riferire” al processo, quindi, dopo il definitivo via libera dei giudici, il Quirinale ha emanato una serie di regole sulle modalità con cui si svolgerà la deposizione del Presidente.

Le domande al Presidente verteranno sugli “indicibili accordi” evocati da D’Ambrosio e sull’allarme attentati del Sismi nel ’93-’94

Un’udienza disciplinata da alcune limitazioni categoriche, a cominciare dall’orario d’entrata al Quirinale, previsto tra le 9 e 15 e le 9 e 40. I pubblici ministeri, la corte d’assise e i giudici popolari entreranno da uno dei due ingressi secondari: o da via della Dataria, a pochi metri dalla Fontana di Trevi, oppure da via del Quirinale, proprio di fronte la chiesa di Sant’Andrea, mentre gli avvocati potranno accedere tranquillamente dall’ingresso principale. All’entrata passeranno tutti dai metal detector, dove dovranno depositare telefoni cellulari, personal computer, tablet e qualsiasi altro supporto digitale: ammessi all’interno del Quirinale dunque soltanto carta e penna, mentre la registrazione dell’udienza sarà affidata ai tecnici del Palazzo, che la metteranno poi a disposizione della corte d’assise. In più i pubblici ministeri dovranno lasciare fuori gli agenti di scorta, dato che, come previsto dall’ordinanza emessa dal giudice Alfredo Montalto, “l’immunità della sede esclude l’accesso delle forze dell’ordine con la conseguenza che non sarebbe possibile né ordinare l’accompagnamento con la scorta degli imputati detenuti, né più in generale assicurare l’ordine dell’udienza come avviene nelle aule di giustizia preposte”.

Nonostante le stringenti regole imposte dal Quirinale, ad assistere alla deposizione di Napolitano, arriveranno comunque più di trenta persone: sarà per questo che il cerimoniale ha scelto alla fine la Sala del Bronzino, una delle più capienti dell’intero palazzo costruito dal Mascarino, mentre in un primo momento si era pensato di optare per uno degli studi del capo dello Stato. Al Colle arriverà il presidente della corte Alfredo Montalto, più il giudice a latere Stefania Brambille, la cancelliera Valeria Bergamini e i sei giudici popolari. La pubblica accusa sarà rappresentata dai pm Vittorio Teresi, Antonino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, accompagnati dal procuratore facente funzioni Leonardo Agueci, che da agosto regge l’interim della procura di Palermo, in attesa che il Csm nomini il nuovo capo. A rivolgere le domande a Napolitano, comunque, saranno soltanto Teresi e Di Matteo, che – come previsto dal capitolato di prova – baseranno i loro quesiti sulla lettera inviata al Presidente da Loris D’Ambrosio, il 18 giugno del 2012: in quella missiva l‘ex consigliere giuridico del Colle confidava di essersi sentito “utile scriba” di “indicibili accordi” nel periodo 1989- 1993, e quindi proprio quando si sarebbe sviluppata la Trattativa tra pezzi delle Istituzioni e Cosa Nostra. L’oggetto della deposizione del capo dello Stato però abbraccerà anche l’allarme attentato lanciato contro l’allora presidente del Senato Giovanni Spadolini e lo stesso Napolitano, all’epoca presidente della Camera, segnalato dal Sismi nel luglio-agosto del 1993: la corte d’assise infatti ha ammesso anche le domande dell’avvocato Luca Cianferoni, legale di Totò Riina, che prenderà spunto proprio dalla nota dei servizi dell’estate ’93, depositata dalla procura agli atti del processo la scorsa settimana.

Oltre a Cianferoni, entreranno nella Sala del Bronzino anche gli avvocati degli altri nove imputati: Enzo Musco, Basilio Milio e Francesco Romito, che difendono gli ex alti ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, Giuseppe Di Peri che rappresenta l’ex senatore Marcello Dell’Utri, Massimo Krog e Nicoletta Piergentili Piromallo in rappresentanza di Nicola Mancino, Giovanni Di Benedetto, Giovanni Anania che difendono i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, più Francesca Russo, avvocato di Massimo Ciancimino, e Manfredo Fiormonti, legale del pentito Giovanni Brusca. Presenti anche i legali delle parti civili: il centro studi Pio La Torre, l’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, la presidenza del Consiglio, l’associazione Libera e l’associazione dei familiari della vittime della Strage di via dei Georgofili.

Esclusi totalmente i giornalisti: in un primo momento la corte d’assise aveva dato il suo “nulla osta” per la realizzazione di una saletta riservata fornita di collegamento audiovideo con il Quirinale. Dopo i primi rumors, che raccontavano della creazione di una sala per i cronisti addirittura a Palermo, il Colle non ha però comunicato alla corte d’assise alcun elemento circa le modalità previste per il collegamento riservato ai media: e i giornalisti sono rimasti implicitamente fuori dall’udienza più delicata degli ultimi anni di storia giudiziaria italiana. Un’udienza che non è segreta, ma che rimarrà comunque blindata tra le quattro mura della Sala Oscura.

Twitter: @pipitone87