Mafie

‘Ndrangheta in Lombardia: a casa del boss per chiedere voti e favori

L'operazione Quadrifoglio ha portato in carcere Salvatore Muscatello, eminenza grigia delle cosche al nord. Nella sua villa bunker andavano tutti. Anche il politico di Forza Italia a caccia di voti: "Mi hanno dato in mano il partito"

C’è chi chiede un aiuto per i familiari in carcere. Chi è in cerca di voti per farsi eleggere. E chi ha bisogno di una mano per mettere un freno a quelli che non conoscono più “le regole dei calabresi”. Salvatore Muscatello, invece, quelle regole le conosce bene. Da sempre. E per questo, l’ormai ottantenne capo locale di Mariano Comense (Como) non si sottrae mai alle richieste che gli vengono avanzate da parenti di boss dietro le sbarre, imprenditori in difficoltà e politici amici. Favori che servono a rimarcare il suo pieno potere sul territorio e a rafforzare il suo prestigio criminale. Perché Salvatore Muscatello non è solo un pezzo da novanta della ‘ndrangheta lombarda. Ma uno dei suoi “grandi vecchi”, come lo definiscono i giudici. Nonostante la sua famiglia sia stata colpita a luglio da un’importante indagine, lui rimane l’anello di congiunzione tra le ‘ndrine calabresi a quelle del nord. Un ruolo che l’età e le inchieste non hanno indebolito. Come emerge dall’operazione “Quadrifoglio”, condotta dai carabinieri del Ros di Milano e coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini contro la cosca Galati, che poche ore fa ha portato in carcere 14 persone. L’ultima istantanea scattata alla ‘ndrangheta nella Lombardia che corre verso Expo.

Salvatore Muscatello uno dei grandi vecchi della ‘ndrangheta in Lombardia

Un fermo immagine. Dove si distinguono nettamente i tratti di una criminalità che punta a nuovi affari, senza per questo rinunciare alle sue vecchie tradizioni. Come testimonia quel continuo via vai nel fortino  a due piani di via Al Pollirolo 5, dove Muscatello abita con la moglie e i figli. E dove da novembre 2012 è costretto agli arresti domiciliari, arrivati dopo la condanna a 17 anni nata dall’inchiesta “Infinito”. A fargli visita sono i rappresentanti delle famiglie di ‘ndrangheta più blasonate. Come Nadia Scognamiglio, moglie di Fortunato Valle, dei Valle Lampada. La cosca originaria di Reggio Calabria ma radicata a Vigevano, legata ai potenti De Stefano. La donna va a trovare Muscatello il 6 settembre 2013. Gli racconta del colloquio avuto in carcere con il cognato Antonio Domenico Spagnuolo. E’ preoccupata. Teme la confisca dei beni. E ha paura che suo marito venga trasferito dal carcere milanese di Opera a quello di Viterbo che comporterebbe più spese e più scomodità. La Scognamiglio torna a ottobre. E’ sempre più tesa. Perché adesso, a gravare, c’è anche una cartella esattoriale di Equitalia da 8mila euro. A fine chiacchierata, allora, Muscatello le dà dei soldi. La donna cerca di rifiutare: “Ma non voglio niente! Io voglio che state bene”. Inutile. Il boss ha deciso e taglia corto: “Ecco… ma lo voglio io”. Quando la Scognamiglio esce di casa, il patriarca spiega al nipote Stjven il motivo di quel generoso regalo: “E’ una persona che se la chiamo viene subito, ed io la ringrazio! Oh, il marito mi lavava pure i piedi”.

Ambasciate e visite, a casa del boss anche i parenti di Beppe Morabito u tiradrittu

Un’altra ambasciatrice di tutto rispetto che arriva in casa di Muscatello è Patrizia Morabito nipote di Giuseppe Morabito, detto u tiradrittu, re di Africo, latitante per 12 anni e catturato nel 2004. Le microspie e le telecamere dei carabinieri catturano la donna mentre varca la soglia di via Al Pollirolo per due volte. L’ultima il 26 ottobre 2013. Anche lei è preoccupata per la situazione dei parenti detenuti. E anche per lei la famiglia Muscatello si dà un gran daffare per alleviare le tante spese. Con piccoli gesti. Ad esempio facendole riparare gratuitamente l’auto da un uomo a disposizione della cosca. Che viene redarguito perché inizialmente ha fatto pagare il lavoro alla Morabito.

Perché quello dell’aiuto ai parenti dei carcerati è un caposaldo inviolabile. I Muscatello lo offrono anche alle famiglie non direttamente legate alla loro locale. E lo pretendono quando sono loro ad averne bisogno. I conti vanno regolati. I debitori hanno l’obbligo di pagare. Sempre. Anche se i boss sono momentaneamente in cella. Lo spiega bene al padre Salvatore, Domenico: “Poi è successo che ci hanno arrestati … hai capito? Uno ha impegni per fatti suoi, quell’altro si guarda i fatti suoi ed hanno … ognuno ha paura … dice ‘devo vedere altre situazioni’ e si lascia andare, si lascia andare, si lascia andare e quelli prendono gamba, quando prendono gamba dicono ‘tanto questi qua ora non fanno più niente’”. Ne sanno qualcosa due fratelli titolari di una ditta di giardinaggio. Colpevoli, secondo i mammasantissima, di non aver aiutato la famiglia durante la carcerazione di Domenico Muscatello, e in debito di 700mila euro. Un debito che secondo i due è stato causato da un loro parente. Che viene convocato in casa dai Muscatello e pestato, davanti a donna Rosina, moglie di Salvatore, che scoppia in lacrime.

Recupero crediti, quando il boss si sostituisce allo Stato

Ma ci sono altri imprenditori che fanno visita al capo locale di Mariano Comense per chiedere di vendicare i torti subiti. Come Francesco Defina (non indagato), attivo nella vendita di autoveicoli e ricambi, che si presenta al boss Salvatore nel luglio 2013. Spiega di aver ricevuto delle intimidazioni a scopo estorsivo. Colpi di pistola contro uno dei suoi negozi. Precisa che non andrà mai dai carabinieri a denunciare. Si lamenta dei cambiamenti generazionali all’interno della ‘ndrangheta che lasciano spazio ai “pisciaturi”, gli inesperti, che non conoscono le “regole dei calabresi”. Salvatore Muscatello individua e manda i suoi emissari a parlare con chi aveva infastidito l’imprenditore. Il messaggio è chiaro. E viene recepito con tanto di scuse.

In casa del boss vengono a portare i propri onori anche i politici. Emilio Pizzinga, che non risulta indagato nell’operazione di oggi, è uno di questi. Suo figlio Francesco è in carcere dal 2006 per l’inchiesta sull’Ortomercato, che portò alla luce i traffici di droga imbastiti con la ‘ndrangheta di Africo. Il politico locale, membro della Commissione Urbanistica di Mariano Comense, incontra Muscatello nel gennaio 2014. Alla guida del Comune è appena arrivato un commissario prefettizio, dopo che 11 consiglieri hanno tolto la fiducia. Le elezioni di maggio sono dietro l’angolo. Pizzinga è a caccia di voti. Bussa alla porta del boss: “Vedete se mi trovate preferenza! Se no, non si fa più niente dopo!”. Sottolinea: “A me hanno dato in mano il partito”. “Quale partito?”, domanda il capo locale. Il politico risponde: “Forza Italia!”.

Eccola la corte del boss Salvatore Muscatello. Ecco i legami dell’uomo che per una vita è stato al vertice della ‘ndrangheta in Lombardia. Come emerge dall’operazione “La notte dei fiori di San Vito” del ’97 e  l’inchiesta “Infinito” del 2010. O come dimostra la sua presenza al matrimonio del 2009 tra Elisa Pelle, figlia di Giuseppe, detto “Gambazza”, e Giuseppe Barbaro, figlio del defunto Pasquale. Fu dato proprio a Muscatello il compito di distribuire gli inviti tra gli affiliati della locale La Lombardia. Perché in quel giorno non si celebravano soltanto le nozze dei rampolli di due tra le più importanti famiglie di mammasantissima. Ma si conferivano anche le nuove cariche del Crimine, l’organo di governo della ‘ndrangheta. Oggi nuovamente indebolita. Ma non ancora sconfitta.