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Montenegro: Djukanovic dal mandato di arresto per contrabbando alla candidatura per l’Ue

In questi giorni la Commissione europea ha pubblicato una relazione annuale sul processo di europeizzazione (Montenegro 2014 Progress Report) nonostante in Italia sia stato avviato un procedimento penale (procure di Napoli e Bari) contro il signor Djukanovic accusato di contrabbando di sigarette per 700 milioni di euro. Nell’agosto del 2003 l’agenzia Ansa aveva annunciato che la Procura di Napoli aveva spiccato un mandato d’arresto contro il Primo ministro: secondo le accuse avrebbe, in complicità con Paolo Savina, Dusanka Jeknic e Veselin Barovic, «promosso, fondato e diretto una associazione a scopo criminale, il cui fine era il traffico di sigarette dal Montenegro all’Italia e in altri Paesi dove ci sono zone commerciali franche».

Oggi alcune aziende italiane e russe che hanno investito nel settore energetico in Montenegro affrontano gravi problemi amministrativi, dal momento che le autorità montenegrine guidate dallo stesso Djukanovic le hanno usate e le usano come “vacche da mungere”. In sostanza lo Stato si appropria di società private con la scusa della statalizzazione.

Ma la Commissione europea ignora l’illegalità in Montenegro e non obbliga le autorità montenegrine a svolgere i propri compiti. In quel report da Bruxelles si osserva che il Montenegro continua a soddisfare in “misura sufficiente” i criteri politici per l’adesione all’Ue. Durante il periodo di riferimento, si legge nel report, si sono svolte una serie di elezioni locali. “Sono state funestate da accuse di irregolarità elettorali. Nel caso dovrebbero essere indagate e, ove necessario, perseguite dalle autorità competenti. A causa del clima politico polarizzato, la formazione delle nuove amministrazioni di alcuni comuni dopo le elezioni è stata un processo difficile. Una nuova legge elettorale è stata adottata nel mese di febbraio e marzo. Il follow-up giudiziario per presunto abuso di fondi pubblici resta da finalizzare”.

E Italia, il paese che attualmente presiede la Ue e che è il primo investitore nell’area con A2A e Terna, non ha ancora preso una posizione ufficiale. Come mai? Al contempo si apprende che i vertici di A2A, Giovanni Valotti e Luca Valerio Camerano a Podgorica hanno incontrato il Primo ministro Milo Djukanovic, il vice-primo ministro Vuijca Lazovic e il ministro dell’Economia Vladimir Kavaric. L’obiettivo del viaggio, secondo quanto rivela una nota della società, è “verificare le condizioni per la continuazione della partnership strategica, tuttora in atto in Epcg, tra A2A e lo Stato del Montenegro”.

Intanto a Podgorica il Ministero dello Sviluppo ha dato il proprio nulla osta a due società Synergy e Igma Grand: potranno utilizzare le licenze per la costruzione di due centrali idroelettriche a Bijelo Polje e Andrijevica. Ma uno dei proprietari della Synergy è Vuk Rajkovic, socio del Premier Milo Djukanovic, presente al 12% nella Kia Montenegro. Ci sono i margini per un conflitto di interessi? E le istituzioni europee dedite all’antitrust come mai non accendono un focus specifico su ciò che accade in Montenegro?

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