Giustizia & Impunità

Riforma della giustizia: il processo civile che non finisce mai

Perché il processo civile “è tutto da rifare”? Per due ragioni: ingenuità e opportunità. Garantire il contraddittorio e assicurare di che vivere bene agli avvocati. Già detta così, si capisce che le possibilità di adottare un sistema razionale ed efficiente sono pochine. Quanto alla lobby, c’è poco da dire: ci va un governo che non si lasci condizionare dai poteri forti. Fuoco freddo, acqua asciutta, matrimonio felice. Non ci resta che sperare: alcuni matrimoni hanno successo. Quanto all’ingenuità, provo a spiegare.

C’è una domanda che non si deve mai fare a un avvocato: “Ha qualcosa da aggiungere?” Non hai ancora richiuso la bocca che lui è già partito. Sicché contraddittorio sì, ma con il limite di 1 a 1. Atto di citazione: Tizio ingiunge a Caio di pagare il suo debito, racconta al giudice le ragioni della sua richiesta e indica le prove che la sostengono. Caio ha 30 giorni per preparare la sua controdeduzione: non è vero che sono debitore di Tizio (oppure sì, lo sono, ma per molto meno); queste sono le mie ragioni e le relative prove; aggiungo che, in realtà, è Tizio che mi deve dei soldi. Fine, il giudice valuta e decide quali prove ammettere (testimoni documenti etc).

Fermiamoci un momento. Perché non si fa già così? Perché l’idea è che, dopo la risposta di Caio, Tizio potrebbe trovarsi a dover ribattere su fatti non trattati nella sua citazione; il che renderebbe necessario a Caio a sua volta controdedurre. Il feticcio del contraddittorio. Ma, a parte il fatto che, con questo sistema, non si finirebbe mai: l’ultimo degli avvocati è in grado di produrre all’infinito una mole impressionante di argomentazioni, nuove o pseudo nuove; il punto è che Tizio e Caio sanno perfettamente come stanno le cose. E allora, se Tizio non ha menzionato nell’atto di citazione quanto avrebbe potuto giovare a Caio, magari nella speranza che questi se ne dimenticasse; e se poi Caio non se ne dimentica; peggio per lui: non potrà più controdedurre. Il che vale anche per Caio, se si dimentica qualcosa. Insomma, tutti e due illustrino con precisione il loro rapporto, indichino testimoni e documenti e aspettino la decisione del giudice su quali prove ammettere. Con questo sistema il processo potrebbe iniziare subito e non dopo un anno, come avviene oggi.

Sulle udienze per le prove c’è poco da fare: i testimoni vanno sentiti e le perizie fatte. E, certo, se il giudice deve mandare avanti 500 e più processi, è ovvio che tra un’udienza e l’altra passerà del tempo. Ma alla fine si arriverà. A questo punto gli avvocati di Tizio e Caio scrivano tutto quello che vogliono: argomentino, deducano, citino precedenti, si arrampichino sui vetri. Ma una volta sola. Tutti e due hanno visto lo stesso film, non c’è motivo di consentirgli, oltre a raccontare la loro versione dei fatti, anche, dopo aver letto quella dell’altro, di criticarla. Se critiche debbono fare, le facciano subito; fa parte del loro mestiere immaginare quello che dirà l’altro; in realtà è quello che ognuno di loro direbbe se fosse al posto del collega; e dunque gli riuscirà facile contraddirle in anticipo. Se poi proprio ci fossero fatti nuovi (un testimone che racconta qualcosa che nessuno sapeva) potranno fare un’istanza al giudice per assumere nuove prove, se necessarie. In una sola udienza, dopo l’ultima dedicata alle prove, il processo sarà completato. Il giudice potrà emettere sentenza. Altro che 3/4/5 anni: a parte le udienze destinate alle prove, ce ne saranno solo due per gli avvocati, la prima e l’ultima. Niente termini, niente notifiche, niente memorie, memorie, memorie: citazione e risposta, prove, conclusioni e sentenza.

Ma non è finita qui. C’è da liberarsi di un altro tabù: l’Appello. Non serve a niente. I giudici di 2° grado non sono diversi da quelli di 1° grado; non sono più esperti, più preparati, più lavoratori. Capita addirittura che un giudice lavori in Tribunale, poi si trasferisca in Appello e poi torni in Tribunale. Non c’è nessuna garanzia che il giudizio d’Appello sia più corretto, più approfondito, più professionale di quello di 1° grado: spesso capita proprio il contrario. E’ solo una roulette; la moltiplicazione delle possibilità di errore. Sicché gli anni persi per il processo di 2° grado (2/3, qualche volta 4) sono del tutto inutili. Se lo abolissimo, si potrebbero recuperare circa 1200 giudici (tra Appello e Procure Generali); l’organico dei Tribunali potrebbe essere aumentato quasi per la metà; il carico di processi pro capite diminuirebbe corrispondentemente; i processi sarebbero più rapidi. Resterebbe il ricorso in Cassazione per errori di diritto (un giudice che ha applicato una legge che non c’entrava niente o non ha applicato quella che andava bene). Si risparmierebbero soldi (i giudici straordinari, i giudici di pace, i giudici onorari) e tempo. Tanto, tanto tempo. E tutti sarebbero felici e contenti (meno gli avvocati ma la vita è dura).