Politica

Iraq, Renzi ai curdi: “Vinceremo insieme la battaglia contro il terrorismo”

Il presidente del Consiglio in visita a Baghdad e a Erbil. "Se qualcuno pensa che davanti ai massacri l'Europa volta le spalle ha sbagliato previsione o ha sbagliato semestre. Quanto accade ricorda il genocidio di Srebrenica". La Francia: "Tutti i Paesi della regione si uniscano all'azione". La Germania: "Pronti a dare forniture militari". L'Iran: "Abbiamo dato consigli ai curdi impegnati contro l'Isis"

Nella battaglia contro il terrorismo l’Europa sa bene da che parte stare quindi “questa battaglia noi la vinceremo, voi la vincerete”. L’impegno è quello preso dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, di fronte al governatore curdo Massoud Barzani. Erbil è stata l’ultima tappa del viaggio-lampo del capo del governo in Iraq, dopo aver incontrato, a Baghdad, il premier uscente Nouri Al Maliki (che la scorsa settimana ha rassegnato le dimissioni), il nuovo premier Haider Al Abadi (che ha il compito di formare un governo di “larghe intese”) e il capo di Stato Fouad Masoum. Renzi ha aggiunto che la battaglia contro il terrorismo sta nel cuore stesso dell’Europa, non ai suoi confini. Barzani, dal canto suo, ha espresso grande preoccupazione per la tragedia umanitaria dei profughi, citando il fatto che l’altro giorno sono state individuate 272 mine in soli 4 chilometri. Il governatore della regione curda ha espresso, spiegano fonti italiane, gratitudine per la visita del premier italiano e grande riconoscimento al ruolo dell’Italia, che, ha evidenziato, è stata la prima ad visitare la regione in un momento così drammatico, e l’Europa.

Per Renzi quello che sta avvenendo nel nord dell’Iraq si deve definire con un termine preciso: “Avevo 20 anni la comunità internazionale rimase zitta e ferma davanti al genocidio di Srebrenica. Molti della mia generazione giurarono ‘mai più’. Ora la situazione è diversa ma ciò che succede in alcune zone dell’Iraq e della Siria è uguale ad un genocidio: donne divisi dagli uomini, bambini fucilati, giornalisti decapitati. L’Europa può permettersi tutto tranne il silenzio perché la battaglia qui è nel cuore dell’Europa”. “Di fronte a questo – ha proseguito il premier – credo che l’Europa possa permettersi tutto tranne che il silenzio. L’Europa non è solo il trattato di Maastricht, non è solo lo spread ma è un’idea di mondo“. “L’Italia ha mandato aiuti umanitari, continuerà a farlo – ha assicurato – invierà armi ai combattenti curdi. L’Europa deve vedere che la battaglia non è alla sua periferia, ma nel cuore dell’Europa stessa”. Il premier ha poi sottolineato come sia fondamentale consentire “ai rifugiati di tornare a casa” e alle popolazioni piegate dalla guerra “di vivere in pace nelle loro terre”. 

Mentre le commissioni del Parlamento italiano hanno dato il via alla risoluzione della maggioranza sull’invio di armi alla resistenza curda, Renzi  ha compiuto in Iraq un viaggio non solo in veste di capo del governo italiano, ma anche di presidente del semestre europeo. “L’Europa in questi giorni deve essere in Iraq altrimenti non è Europa” ha detto al premier uscente dell’Iraq Nouri Al Maliki. Il presidente italiano ha espresso amicizia e vicinanza sia dell’Italia sia dell’Europa verso l’Iraq facendo presente che oggi, spiegano le stesse fonti di governo, è arrivato il sesto aereo di aiuti umanitari. L’integrità della regione e dell’Iraq, ha evidenziato il premier italiano, è fondamentale per la stabilità dell’intera area. Al Maliki che si è rivolto a Renzi in qualità di capo del governo italiano ma anche di presidente di turno dell’Unione europea ha spiegato che il suo passo indietro è stato un atto dovuto ma ha invitato a non avere paura della democrazia in Iraq una democrazia giovane ma alla quale il popolo iracheno tiene molto.

Renzi ha incontrato anche il nuovo premier Haider Al Abadi: se qualcuno pensasse che davanti ai massacri in Iraq l’Europa volta le spalle e pensa solo allo spread ha sbagliato previsione, ha ribadito, “oppure ha sbagliato semestre”.  La conversazione tra i due primi ministri è stata, spiegano fonti italiane, concentrata sui temi della sicurezza e della lotta al terrorismo con riferimento anche alla drammatica decapitazione del giornalista americano Foley per mano dei jihadisti. Al Abadi, dal canto suo, ha detto che l’Iraq spera di avere “le migliori relazioni” in particolare “con i Paesi dell’Unione europea” e “spera che questi Paesi lo aiuteranno nella sua guerra contro le bande terroriste”.  

La Francia: “Tutti i Paesi della regione si uniscano all’azione”
Intanto la Francia, tra i Paesi che con gli Stati Uniti più si stanno muovendo per sostenere la battaglia dei resistenti curdi con l’Isis, invita un maggiore impegno di tutti i Paesi della regione, ma non solo: “Vogliamo che tutti i Paesi della regione, i Paesi arabi ma anche l’Iran, e i P5 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ndr) si uniscano all’azione” dichiara il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius.

La Germania: “Pronti a fornire armi ai combattenti curdi”
La Germania, intanto, si dice pronta a fornire armi ai combattenti curdi peshmerg. Ad annunciarlo il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, sottolineando che Berlino coordinerà le operazioni con la Francia, il Regno Unito e gli altri Paesi europei che stanno già mandando armi ai curdi. La decisione, ha dichiarato il ministro, è stata presa alla luce del fatto che un crollo delle difese curde aggraverebbe la crisi in Iraq, con possibili conseguenze dirette per l’Europa. L’annuncio arriva dopo forti pressioni interne ed esterne sul governo tedesco affinché fornisse armi alle forze che combattono contro lo Stato islamico. 

L’Iran: “Abbiamo dato consigli ai curdi impegnati contro Isis”
L’Iran invece fa sapere di aver dato “consigli” ai curdi iracheni impegnati a fronteggiare l’avanzata dei jihadisti dello Stato Islamico. Lo ha affermato il vice ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian, in un’intervista all’emittente al-Alam. “Abbiamo fornito un aiuto politico e dei consigli al governo iracheno, abbiamo agito allo stesso modo per il Kurdistan iracheno”, ha affermato Amir-Abdollahian. Il vice ministro ha quindi ribadito che l’Iran non ha inviato propri soldati “né a Samarra, né a Baghdad, né nella regione del Kurdistan iracheno”.