Politica

Riforma del Senato: il fecondatore

I numeri dicono che, senza i voti di Forza Italia, Renzi mai avrebbe potuto partorire l’obbrobrio del Senato dei nominati e degli impuniti. La notizia è che, esattamente un anno dopo essere stato annientato dalla Cassazione, Silvio Berlusconi resuscitato dal suo più brillante allievo può anche fregiarsi a buon diritto del titolo di kingmaker del governo. Senza il Caimano il premier non va da nessuna parte: niente presunte riforme, niente Italicum, niente soccorso azzurro in caso di probabili sabotaggi Pd in parlamento.

Ma, legandosi mani e piedi al Caimano, il premier si è marchiato per sempre. “Ci voleva un uomo nuovo per attuare il programma della vecchia classe politica”, ha detto Walter Tocci, senatore Pd “dissidente” cogliendo il dramma di un paese eternamente ricattato dalla sua parte peggiore. La vitalità di Berlusconi è ben nota, così come la spiccata attitudine alla demolizione dei leader del centrosinistra. Se a palazzo Grazioli esistesse una sala trofei, il Pregiudicato vi potrebbe esibire gli scalpi di Occhetto, D’Alema, Amato, Rutelli, Veltroni (a Bersani ci ha pensato Napolitano), ma non quello di Prodi che infatti la Porcata del Nazareno esclude da qualsiasi candidatura al Quirinale.

È anche vero però che, salvo qualche eccezione, quegli stessi leader hanno sovente alimentato con il sangue dei loro elettori il carissimo nemico escogitando a getto continuo bicamerali, tavoli, confronti e dialoghi per tenerlo in vita, quasi come le vittime sottomesse di certi vampiri. Sul perché lo abbiano fatto, le ragioni sembrano tutte desolanti. Occultare il passato comunista travestendosi di presunta modernità. Il complesso d’inferiorità rispetto al miliardario in bandana pieno di ville e di donne. E perfino non dispiacere al padrone dell’etere per restare nel giro delle comparsate tv. A cose peggiori preferiamo non pensare. Poi è arrivato Renzi che ci ha messo del suo.

L’altro giorno, mentre i due compari rinsaldavano l’intesa, un imprenditore uscito dal nulla testimoniava, parola d’onore, che ad Arcore nel 2010 l’allora sindaco di Firenze e l’allora padrone d’Italia parlarono solo di calcio e di tasse comunali. Può darsi. Resta la sensazione che nell’alternarsi delle stagioni politiche si vada avanti per fecondazione eterologa e che il donatore sia sempre lo stesso. Fottendosene allegramente della volontà degli elettori, che infatti nella nuova costituzione Boschi-Verdini contano quanto il due di picche.

il Fatto Quotidiano, 10 Agosto 2014