Cronaca

Potenza, stermina la famiglia e si uccide: “Soffriva per la disabilità del figlio”

L’uomo, che aveva 65 anni, ha ucciso moglie e figli con una pistola che è stata trovata dai Carabinieri. La moglie aveva 57 anni. I figli, uno dei quali disabile, avevano 32 e 27 anni. Potrebbe essere proprio la sofferenza legata alle condizioni di disabilità di uno dei figli all’origine della strage familiare. Il capo famiglia - che viveva in Toscana da circa un anno e da qualche giorno era tornato in Basilicata - pare non riuscisse più a gestire il disagio

Un figlio disabile, la sofferenza che cresce, il disagio che si trasforma in un pensiero fisso e diventa un’arma. Arriva da San Fele (Potenza) l’ultimo caso di omicidio-suicidio in cui il demone che spinge un padre o una madre contro un figlio è la disperazione. E così quando i carabinieri del Reparto Operativo di Potenza sono arrivati alla periferia del paese, nel quartiere chiamato Difesa, hanno trovato solo cadaveri. Quattro morti: un uomo, sua moglie e i suoi due figli di cui uno con handicap. Erano in vacanza.

La pistola usata dal pensionato, che aveva 65 anni, è stata trovata dagli investigatori che spiegano che “l’unica situazione di disagio” della famiglia era quella legata alle condizioni del figlio maschio. Il capo famiglia pare non riuscisse più a gestire quel dolore: ha sparato a tutti e l’ultimo colpo lo ha riservato a sé. Prima di farlo Vito Tronnolone ha telefonato alle sorelle, che vivono in Toscana. A loro ha detto: “Ho ammazzato tutti e ora mi ammazzo io”. A terra in una pozza di sangue c’erano già Maria Stella Puntillo, 57 anni, e i due figli: Luca di 32 anni, che era disabile, e Chiara di 27. La calibro 38 trovata dagli investigatori era regolarmente detenuta. La famiglia Tronnolone viveva in Toscana, a Lastra a Signa (Firenze), da oltre trent’anni: erano a San Fele da una ventina di giorni per trascorrervi un periodo di vacanza.

Forse Vito Tronnolone temeva anche per la sua salute. Venerdì sera il 65enne si era fatto visitare nell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Melfi (Potenza) per problemi di pressione. Gli investigatori pensano che l’uomo temesse di non poter più occuparsi della famiglia e, in particolare, del figlio disabile.

La cronaca ciclicamente riporta storia di disperazione come quella di San Fele. Il 29 aprile gli agenti del commissariato di Afragola (Napoli) si erano ritrovato davanti al corpo straziato di 23 anni, disabile dalla nascita con gravi difficoltà motorie e psichiche. A ridurlo così era stata la madre, che poi aveva cercato di togliersi la vita tagliandosi a sua volta la gola. Lo scorso novembre a Palermo un uomo aveva accoltellato la sorella costretta su una sedia a rotelle uccidendola dopo averle messo un sacchetto di plastica in testa e poi si era lanciato dal balcone della sua casa al sesto piano. In questo caso sarebbe stata la donna a chiedere al fratello Francesco di porre fine alla sua vita. Nell’appartamento era stata trovata anche una lettera nella quale la vittima avrebbe scritto di avere implorato il fratello di eliminarla perché non ce la faceva più.