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Ebola, medici Usa contagiati in Liberia: Kent Brantly cede siero a collega

Il 33enne medico ammalatosi la scorsa settimana ha offerto l'unica dose arrivata a Nancy Writebol, anche lei infettata dalla febbre emorragica. Intanto l'Oms pensa a un piano di contenimento del virus con l'impiego di 100 milioni di dollari e lancia un appello: "Servono urgentemente medici, infermieri, epidemiologi, esperti di mobilitazione sociale, logistica e analisti"

L’attenzione di tutto il mondo è concentrata in Africa occidentale, dove l’epidemia di Ebola non si ferma, e non risparmia nemmeno i medici. Dei due dottori americani operanti in Liberai per l’associazione Samarithan Purse si era già parlato: al momento entrambi sono in gravi condizioni. Si torna a parlare di loro per un gesto di estrema generosità raccontato dalla ABC: un siero sperimentale è arrivato per i due medici pazienti, ma in realtà conteneva la dose sufficiente per una sola persona e Kent Brantly, 33 anni, medico missionario contagiato la scorsa settimana ha offerto la dose alla collega Nancy Writebol, anche lei infettata dalla febbre emorragica. “Entrambi i dottori americani restano in condizioni gravi ma stabili – dice l’associazione – ma Brantly ha ricevuto la trasfusione di una unità di sangue da un giovane ragazzo che lui stesso aveva salvato dall’Ebola”. 

Il numero di morti continua a salire: sono 726 di cui 57 negli ultimi quattro giorni. Per questo il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Margaret Chan, incontrerà venerdì i presidenti delle nazioni dell’Africa occidentale colpite dal virus Ebola per lanciare un piano di contrasto del valore di 100 milioni. “Le dimensioni dell’epidemia- afferma Chan in una nota – e la continua minaccia richiede da parte di Oms, Guinea, Liberia e Sierra Leone una risposta ad un livello superiore: con maggiori risorse, competenze mediche, preparazione e un coordinamento regionale”. E lancia l’appello: “Servono urgentemente medici, infermieri, epidemiologi, esperti di mobilitazione sociale, logistica e analisti”. L’Oms mette l’accento sulla sorveglianza nelle zone di confine, per fermare la diffusione del virus, tramite test diagnostici. Inoltre, è stata evidenziata la necessità di migliorare la protezione degli operatori sanitari, un’azione ancora troppo debole in tutti i Paesi colpiti dalle infezioni.

Intanto dagli Stati Uniti arriva una possibile soluzione: un sistema aeromedico unico al mondo, creato per l’evacuazione di malati altamente infettivi dalle zone a rischio, appositamente dagli esperti dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie di Atlanta. “Si tratta di una tenda speciale costruita per le occasioni in cui i CDC inviano personale di risposta alle infezioni più pericolose che occorrono sulla terra”, ha raccontato Richard Besser, ex direttore dell’emergenza dei Centri di Atlanta. La tenda portabile, di resistentissime plastiche trasparenti con all’interno bombole di ossigeno, macchinari clinici e quanto necessario per la sopravvivenza di pazienti molto gravi che non possono essere toccati, trasforma di fatto il velivolo in una sorta di divisione ospedaliera intensiva, con unità di isolamento impenetrabile.