Mondo

Gaza, Netanyahu: “Andremo avanti”. L’esercito: “Tutte le forze di terra pronte”

Nel raid hanno perso la vita 18 persone, mentre altre 50 sono rimaste ferite. Finora Israele ha condotto circa 1200 raid aerei in sei giorni di offensiva. Dalla Striscia di Gaza sono partiti circa 700 missili. I morti, dopo sei giorni, sono 168 e i feriti più di mille. E a nord della Striscia, a Beit Lahya, si contano 10 mila palestinesi sfollati. Cresce anche la preoccupazione per l’ospedale Al Wafa. Già venerdì sera gli israeliani avevano lanciato alcuni missili di avvertimento verso perché venisse sia evacuato. Intercettati due razzi su Tel Aviv

Il premier Benjamin Netanyahu l’aveva annunciata. Ed ecco che c’è stata la prima incursione di terra nel territorio della Striscia di Gaza che è stata compiuta dall’esercito israeliano nella notte di sabato. Si tratta del primo sconfinamento dall’inizio dei raid aerei che hanno provocato oltre 160 morti trai i palestinesi. Un missile su un orfanotrofio ha ucciso tre bambini disabili.

Il bilancio aggiornato delle vittime palestinesi a Gaza in una settimana di combattimenti è salito ad ”almeno 165” morti di cui 33 bambini e adolescenti e 16 donne, secondo i servizi medici locali. I feriti sono stati stimati in 1.085. “Non sappiamo quando l’operazione terminerà, potrà richiedere lungo tempo –  dice Netanyahu – . Continueremo ad operare con forza in modo da riportare la quiete”. All’incursione è arrivata una risposta nel pomeriggio: le sirene di allarme hanno risuonano nel Nord di Israele: a Naharya (al confine col Libano per un falso allarme); a Haifa e a Hadera. Sono stati invece due i razzi intercettati sull’area metropolitana di Tel Aviv. La televisione di Hamas sostiene che il suo braccio armato ha sparato simultaneamente da Gaza razzi M 75 verso la capitale israeliana e un razzo R 160 in direzione di Haifa. In Israele non si ha per ora notizia di vittime. 

Tutte le nostre forze di terra sono pronte. Siamo stati addestrati per questo. Sfrutteremo le nostre capacità nel momento in cui sarà deciso di farlo” dice un alto ufficiale dell’esercito di Israele, a condizione di anonimato, a proposito dell’offensiva di terra che potrebbe essere imminente sulla Striscia di Gaza. Intanto sono circa 10 mila  i palestinesi sfollati da Beit Lahya che hanno chiesto accoglienza nelle istituzioni dell’Unrwa, l’ente dell’Onu per i rifugiati. Lo ha riferito un portavoce.

Prima incursione di terra dell’esercito israeliano. Quattro i soldati israeliani sono rimasti feriti negli scontri nel corso dell’operazione che aveva – fanno sapere le autorità di Tel Aviv – l’obiettivo di distruggere una base missilistica. L’incursione è stata condotta dalle forze speciali, che si sono ritirate al termine dell’azione, e non sembrerebbe l’inizio di una vasta offensiva di terra. Nella notte intanto i raid aerei hanno continuato a colpire la Striscia. La casa del capo della polizia di Gaza, Taysir al-Batsh, è stata rasa al suolo, mentre una moschea poco distante è rimasta danneggiata.

Nel raid hanno perso la vita 18 persone, mentre altre 50 sono rimaste ferite. Finora Israele ha condotto circa 1200 raid aerei in sei giorni di offensiva. Dalla Striscia di Gaza sono partiti circa 700 missili. Il portavoce delle forze armate israeliane, il generale di brigata Motti Almoz, ha annunciato che i raid si intensificheranno ulteriormente, in particolare nel nord della Striscia, area nella quale i militari dello Stato ebraico hanno già ordinato l’evacuazione alla popolazione “per la loro sicurezza”. 

Missili di avvertimento contro ospedale Al Wafa. Il ministero dell’Interno di Gaza ha invitato la popolazione a ignorare gli avvisi israeliani – che telefonano o lanciano razzi di avvertimento prima di bombardare le abitazioni – e a restare nelle proprie case, definendo questa pratica “guerra psicologica”. Ma il problema, spiega a LaPresse Hana Salah, giovane palestinese residente di Gaza, non è così semplice: “‘Lasciate la casa subito perché la bombardiamo’. Dicono così – racconta – diversi miei amici hanno ricevuto la telefonata. Ti danno tre minuti. Ma nella casa ci sono tre o quattro famiglie, con i bambini, e il tempo non basta per uscire, ci sono troppe persone”. “Ho sentito quattro potenti esplosioni poco fa vicino a casa mia”, scrive Julie Webb, attivista e blogger che si trova in città. Cresce anche la preoccupazione per l’ospedale Al Wafa, che si trova a est di Gaza. Già venerdì sera gli israeliani avevano lanciato alcuni missili di avvertimento verso perché venisse sia evacuato. Si tratta, spiega Mohammed Abedallah, del settore relazioni internazionali del ministero dell’Informazione del Governo di unità nazionale palestinese, raggiunto telefonicamente da LaPresse, di una struttura che conta decine di pazienti. “Ma è impossibile evacuarlo – sottolinea -. Molti dei pazienti sono anziani, o disabili, qualcuno è in coma”. Ora, scrive Haaretz, diversi attivisti internazionali hanno deciso di rimanere nell’ospedale come scudi umani. Provengono da Usa, Nuova Zelanda, Australia, Inghilterra, Spagna, Svezia e Venezuela. Joseph Cotran, 33enne statunitense, ha spiegato al quotidiano israeliano che il direttore dell’ospedale li ha accompagnati in tutti i piani e le stanze dell’ospedale.

Volantini israeliani per chiedere evacuazioni: “Stiamo per bombardare“. L’aviazione israeliana ha lanciato volantini nel nord della Striscia di Gaza, chiedendo l’evacuazione delle case e annunciando un attacco imminente. Un portavoce dell’esercito ha detto che le truppe israeliane inizieranno una “breve e temporanea” campagna militare contro il Nord di Gaza poco dopo le 12 di oggi (quindi le 10 italiane, 9 gmt). Più di 160 palestinesi sono stati uccisi in sei giorni di offensiva e circa 700 razzi sono stati sparati da Hamas su Israele senza provocare morti. “Chiunque trascuri le istruzioni dell’esercito metterà la vita di se stesso e della sua famiglia a rischio. Attenzione”. È quanto si legge nei volantini lanciati dall’esercito israeliano sulla zona di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza, con l’avviso agli abitanti di abbandonare prima di mezzogiorno le case. “L’operazione dell’esercito – è scritto – sarà breve”. La prima conseguenza è stata che tre località situate all’estremità Nord della Striscia – Beit Lahya, a-Atatra e Salatin – si sono trasformate in ‘agglomerati fantasma‘. I circa 800 residenti di Gaza con passaporto straniero stanno abbandonando la Striscia attraverso il valico di Erez. 

Israele bombarda Beit Lahya, all’estremità nord della Striscia di gaza
Dopo i ripetuti moniti alla popolazione di Beit Lahya, all’estremità nord della Striscia, perché evacuasse le proprie abitazioni, Israele ha iniziato a dirigere un fuoco di artiglieria sull’area, utilizzata secondo l’esercito come zona di lancio di razzi a lunga gittata. E ormai a Nord della Striscia si contano 10 mila palestinesi sfollati da Beit Lahya che hanno chiesto accoglienza nelle istituzioni dell’Unrwa, l’ente dell’Onu per i rifugiati. Mentre l’area agricola di Beit Lahya sembra ormai deserta (ed è zona di combattimento) in alcuni rioni urbani della città sarebbero ancora barricati in casa – secondo la televisione israeliana – alcune migliaia di abitanti.

Msf: “A Gaza soccorsi difficile. Più attacchi che operazione del 2012”. L’intensità dei bombardamenti dell’operazione militare israeliana “Margine Protettivo” rende estremamente pericolosi i movimenti della popolazione e delle equipe di Medici Senza Frontiere a Gaza, e con una media di 10 bombardamenti all’ora è praticamente impossibile per le equipe portare avanti le attività mediche regolari e muoversi per valutare dove siano i bisogni più urgenti. Nella denuncia dell’organizzazione umanitaria si precisa che al momento gli ospedali di Gaza stanno riuscendo in qualche modo a gestire il flusso di feriti in arrivo. Ma la nuova crisi pesa su un sistema sanitario già fragile, gravemente colpito da cronica scarsità di forniture e debolezze strutturali. In soli due giorni ci sono stati più attacchi che negli otto giorni dell’operazione “Colonna di Nuvola” nel 2012. “È indispensabile che i feriti e i malati che devono essere evacuati possano farlo attraverso i passaggi di frontiera di Rafah e Erez e che le equipe mediche e i convogli umanitari siano autorizzati a entrare. È un obbligo legale per l’Egitto e per Israele ed è vitale per la popolazione di Gaza”, afferma Tommaso Fabbri di Msf. 

Francia: “Israele dia prova di moderazione”, Abu Mazen chiede protezione all’Onu. La Francia chiede a Israele di “dare prova di moderazione nella sua risposta” contro Gaza di fronte ai lanci di razzi di Hamas, che “noi condanniamo” e un “cessate il fuoco immediato”.  “Condanniamo i lanci di razzi di Hamas ma domandiamo anche a Israele di dare prova di moderazione nella sua risposta e – dice il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian–  in particolare di rispettare il diritto internazionale e di garantire che i civili siano risparmiati”.  “A Gaza come in Israele la priorità assoluta è il cessate il fuoco” afferma il ministro degli Esteri Laurent Fabius, poco prima dell’inizio della riunione a Vienna con i colleghi di Gran Bretagna, Stati Uniti e Germania. “La Francia – ha aggiunto – chiede, come il consiglio di sicurezza dell’Onu, il ritorno alla tregua del 2012, ne discuteremo con i colleghi qui a Vienna”. 

Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, secondo settimanale tedesco Bild am Sonntag, lunedì volerà in Israele per incontrare il premier Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese allo scopo di favorire un cessate il fuoco tra israeliani e palestinesi. “Il conflitto israelo-palestinese ha già devastato troppe generazioni. Serve una tregua immediata” dichiara il ministro degli Esteri Federica Mogherini alla vigilia della missione che la porterà in Medio Oriente. La titolare della Farnesina ha avuto colloqui telefonici con i colleghi europei. “È venuto il momento che la comunità internazionale trovi la compattezza e il coraggio per mettere fine a una delle guerre più lunghe della storia contemporanea”. Anche la Mogherini incontrerà Netanyhu e Abu Mazen. Che ha inviato una lettera all’inviato Onu per il Medio Oriente, indirizzata al segretario generale Ban Ki Moon, per chiedere che “lo Stato di Palestina sia messo sotto il sistema internazionale di protezione delle Nazioni Unite”.