Politica

Expo, Cantone in azione ma non ha i superpoteri promessi da Renzi

Dopo lunghi giorni di riscrittura e revisione, la norma che avrebbe dovuto rivoluzionare la gestione degli appalti taroccati o sospetti si è infatti trasformata in una norma salva-Expo. Come prima scelta l'ex pm dovrà chiedere la sostituzione dei soggetti coinvolti nelle indagini e comunque la decisione finale sarà del prefetto. Il decreto-legge presenta anche altri aspetti critici come il linguaggio scivoloso, che lascia molta discrezionalità a chi decide gli interventi e rischia di offrire il fianco a ricorsi e contestazioni

A più di dieci giorni dagli annunci del premier Renzi i nuovi poteri di Cantone e dell’Autorità anticorruzione sono infine diventati legge. Da oggi l’ex pm anticamorra, arrivato a Milano, eredita i poteri della defunta Autorità di vigilanza per i contratti pubblici e può occuparsi di Expo forte di maggiori strumenti e risorse. Ma diversamente da quanto annunciato, il presidente dell’Anticorruzione non potrà proporre il commissariamento delle imprese indagate per fatti di corruzione se non in casi di “particolare gravità”. Dopo lunghi giorni di riscrittura e revisione, la norma che avrebbe dovuto rivoluzionare la gestione degli appalti taroccati o sospetti si è infatti trasformata in una norma salva-Expo. 

Il Presidente dell’Anticorruzione non potrà più proporre al Prefetto il commissariamento delle imprese coinvolte “in vicende oscure” come annunciato da Renzi in conferenza stampa. Come prima scelta Cantone dovrà chiedere la sostituzione dei soggetti coinvolti nelle indagini (o indiziati) e solo “nei casi più gravi” potrà proporre la gestione controllata dell’impresa, con il conseguente congelamento degli utili derivanti dal lavoro. In ogni caso la decisione finale sarà del Prefetto, che valuterà ai fini del comissariamento la “particolare gravità dei fatti”. Il nuovo spirito della norma è rivelato da un altro punto del decreto che allarga la possibilità di adottare la stessa procedura anche nei casi di sospetti di mafia, quando “sussiste l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto”. Ovvero quando si ha fretta di chiudere i lavori. 

Urgenza e garantismo sono dunque le stelle polari della versione definitiva della legge. Un’apertura garantista che rischia di tradire lo spirito originale della norma nata, secondo le dichiarazioni dello stesso Cantone, per impedire a imprese e persone inquisite di beneficiare di lavori conquistati illegittimamente. Quel che accade con la nuova legge invece, che prevede la semplice sostituzione dell’amministratore o di più amministratori sospettati o indagati, è che l’impresa resterà al suo posto e sarà libera di incassare i profitti dell’appalto sospetto. 

Il decreto-legge presenta anche altri aspetti critici. Il primo è il linguaggio scivoloso, che lascia molta discrezionalità a chi decide gli interventi e rischia di offrire il fianco a ricorsi e contestazioni. La norma parla di “fatti gravi e accertati” e di “particolare gravità dei fatti”, ma non vi è alcun riferimento a situazioni oggettive, come l’iscrizione nel registro degli indagati. Starà dunque a Cantone prima, ma soprattutto al Prefetto competente poi, stabilire quando un fatto è “grave” e se lo è particolarmente. Andando in contro, eventualmente, ad un ricorso al Tar.  

Per di più la norma affida la decisione sull’eventuale commissariamento alla Prefettura, un organo di natura politica. Gli interventi non saranno infatti stabiliti dall’Autorità anticorruzione, che è un organo indipendente, ma dalle istituzioni che per definizione costituiscono le articolazioni del Governo sul territorio. Prefetture che negli anni hanno dimostrato, ad esempio nei casi di scioglimento dei comuni per mafia, di agire con estrema cautela quando non con reticenza, quasi sempre aspettando che sia la magistratura a fare il primo passo.  

“Il quadro normativo non sarà realmente chiaro finché non ci saranno le prime sentenze che lo interpretano” avverte Alberto Vannucci, professore dell’Università di Pisa, tra i massimi esperti italiani in tema di corruzione. “Il decreto presenta degli aspetti positivi, per esempio quando incrementa i poteri dell’Autorità anticorruzione, che fino ad oggi è stata un guscio vuoto. Ma molto è lasciato dalla capacità di chi lavorerà nel nuovo ente”. E molto resta ancora da decifrare. Nel decreto, ad esempio, nel passaggio che riguarda i commissariamenti delle imprese non c’è alcun riferimento esplicito ad Expo, ma la norma viene comunque intitolata come “misura straordinaria”. Straordinaria, ovvero fuori dall’ordinario. O, se si vuole, soluzione tampone da utilizzare solo in casi estremi o di attenzione pubblica particolarmente alta. Resta da chiarire se e dove sarà utilizzata al di fuori dei grandi appalti dell’esposizione internazionale. Per esempio, servirà anche per il Mose? 

C’è di più. Perché, come abbiamo anticipato, le nuove regole per la sostituzione degli amministratori o la “gestione controllata” delle imprese vengono estese anche ai casi in cui la Prefettura ha notizia dei possibili collegamenti tra l’impresa e la mafia. Con il nuovo decreto-legge, anche a fronte di un’informazione antimafia interdittiva si può prevedere un cambio degli amministratori o, nei casi più gravi, il commissariamento della parte dell’impresa coinvolta, senza revocarle l’appalto. Quando lo si potrà fare? Ogni volta che ci sarà fretta di chiudere i lavori. La stessa cosa potrà avvenire per garantire “la salvaguardia dei livelli occupazionali e dell’integrità dei bilanci pubblici”. In questi casi il Prefetto non dovrà neppure consultarsi con l’Autorità anticorruzione, ma potrà agire di propria iniziativa limitandosi ad informarne il presidente dell’Anac.