Politica

Assemblea Pd, Orfini nuovo presidente. Renzi: “M5s? 105 anni e sarà al governo”

Premier sul nodo dissidenti dopo il caso Mineo: "Non siamo movimento anarchico". Questione morale: "Corruzione, chi nel partito sa qualcosa, parli". Guerini e Serracchiani vice-segretari. La festa democratica torna '"de l'Unità"

Il risultato elettorale delle Europee non è il punto d’arrivo, ma di partenza. Il presidente del Consiglio e segretario del Pd affronta l’assemblea nazionale del partito che deve eleggere il presidente (Matteo Orfini è stato eletto a larghissima maggioranza). Nel 40,8%, dice Renzi, “non c’è solo un buon risultato del Pd, del governo, di un singolo o gruppo dirigente. E’ molto di più: un’attestazione di speranza sconvolgente. Se lo consideriamo come un investimento per provare a cambiare l’Italia diventa il modo per ripartire consapevoli di ciò che è accaduto”. “Ciascuno avverta l’emozione che questo risultato” del 40,8% alle Europee, “lo carica di una responsabilità che fa tremare i polsi”. “Gli italiani hanno detto non ce n’è più”, bisogna cambiare.

“Il M5s ha preso 3 capoluoghi in 3 anni. In 105 anni prenderà l’Italia”
E le amministrative? “Dopo il ballottaggio alcune dotte analisi di editorialisti e commentatori ci hanno spiegato che le elezioni sono finite con pareggio. Poi uno si domanda perché loro perdono copie e noi prendiamo voti”. Ai ballottaggi “il fatto che ci sono state delle sconfitte non può mettere in secondo piano il fatto che in quelle sfide dove noi potevamo immaginare una rivincita, non solo si è vinto, ma si è dato messaggio cambiamento profondo”. Ed è qui che il leader democratico si lascia andare a una battuta, a fronte dell’entusiasmo dei Cinque Stelle per la vittoria a Livorno: “In tre anni hanno preso tre capoluoghi di provincia. Mancano 105 anni e avranno in mano l’Italia. Basta avere un po’ di pazienza e toccherà a loro”.

Il ritorno della Festa dell’Unità (e verso l’eliminazione di uno dei due giornali)
Poi le questioni politiche. Il primo tema è legato alle divisioni interne che si riverberano in questi giorni nel percorso delle riforme istituzionali. “Renziani, cuperliani, bersaniani… Dividiamoci sulle idee – è l’appello di Renzi – non sui cognomi”. Il segretario definisce “ridicole le discussioni interne che sono talvolta collegate a pregiudizi che” non tengono conto della “convinzione di essere insieme per cambiare un comune destino”. Un nuovo tentativo di ricomporre le fratture, che passa anche per gli stand delle feste estive: “La tradizione non va messa nel Museo delle cere, ma è un investimento per il futuro. Dobbiamo tutelare il nostro brand, tornare a chiamare le nostre feste Feste dell’Unità“. Di più: “Ho visto la sofferenza de l’Unità, noi abbiamo bisogno di mettere insieme e ripartire, non più permettendoci due giornali diversi”. Il riferimento è ai due quotidiani vicini all’area, l’Unità (che sta cercando una strada per salvarsi) e Europa.

Renzi a Mineo: “Di me dite cosa vi pare, ma non offendete famiglie di disabili”
Ma è sui 14 senatori autosospesi che lo scontro raggiunge l’acme. I toni più duri il segretario li rivolge a Corradino Mineo che in un’intervista a Repubblica Tv aveva definito Renzi “un ragazzino autistico: lo vorresti proteggere, perché tante cose non le sa, però se lo metti a ragionare di politica e di rapporti di forza, suona”. “Di me dite quello che vi pare – replica Renzi – ma chi ieri ha detto che sono un ragazzo autistico ha offeso milioni di famiglie che soffrono. Lo dico a mia nipote Maria che è ‘down’. Non è giusto. Toccate pure me, ma giù le mani dai ragazzi disabili perché non conoscete la sofferenza”. Mineo comunque aveva già chiesto scusa. Sulle parole di Renzi, “io non vedo che è cambiato nulla purtroppo – ha però aggiunto Mineo – ho sentito Renzi ripetere delle cose che non mi sembravano vere”. Se trarremo delle conseguenze? “Chiedetelo agli altri senatori, oggi mi tocca un solo obbligo, chiedere scusa sulle frasi di ieri”. 

“Non mandiamo via nessuno – ha detto ancora Renzi in assemblea – ma non possiamo permettere a qualcuno di ricattare con la sua presenza la posizione del Pd” ha detto il segretario sottolineando che ci sono “regole” per i membri delle commissioni parlamentari e incassando un grande applauso dalla platea dell’assemblea.

La questione morale: “Chi nel Pd sa qualcosa di sbagliato, vada subito dai giudici”
Il presidente del Consiglio usa parole chiare e intende dare un segnale di rottura anche sulla “questione morale“. Primo scalino: “Non è più immaginabile l’idea di un’esperienza politica che si fa per tutta la vita. Lo dico innanzitutto a me – dice – Tutti noi nuova generazione dobbiamo avere il coraggio di dirci che la politica non si può fare per la vita: si deve provare l’ebbrezza di fare altre cose. Non è più tempo di politica per sempre”. Ma il secondo è questo: “Sulla corruzione siamo quelli che non fanno sconti a nessuno, neanche a noi stessi”. Per dirla meglio: “Quando uno di noi, iscritto o meno, patteggia per una operazione di finanziamento illecito, chiediamo di fare passo indietro. Chi patteggia significa che è colpevole, chi è colpevole è giusto che non faccia il sindaco”. E il riferimento è naturalmente a Giorgio Orsoni, appena costretto alle dimissioni a Venezia dopo aver passato una settimana ai domiciliari per l’inchiesta Mose. Terzo grado del ragionamento: “Chi nel Pd ha notizie di reato vada da magistrati. Non aspettino che i magistrati vadano da loro”. Questo, dice, per difendere il lavoro di migliaia di volontari del Pd, che gestiscono le Feste dell’Unità e i circoli del partito. “Se c’è qualcuno di noi che sa parli, se c’è qualcuno di noi che ha sbagliato paghi” ribadisce Renzi. Il partito è “garantista” ma non ci sta a “perdere la faccia” e sul tema della giustizia può camminare “a testa alta”.

L’agenda dei prossimi mesi: diritti civili, scuola, appalti, Europa
In più il presidente del Consiglio ne approfitta per ristabilire i temi di governo. In settimana si comincerà a votare in commissione sulle riforme isituzionali: “La ferita dei franchi tiratori di Prodi è ancora aperta: ciascuno dica cosa vota e come la pensa”. La cosa nuova riguarda i diritti civili: “A settembre – dice – dopo la riforma della legge elettorale, realizzeremo un impegno preso durante le primarie, un impegno vincolante e lo faremo d’accordo con esponenti maggioranza e parlamento: quello sui diritti civili”. Entro luglio, poi, servirà il “coraggio di un intervento forte sulle questione delle infrastrutture. Se in Italia la corruzione è più alta che altrove, ciò dipende da colpe della politica ma anche da un quadro infrastrutturale basato su regole complicate, astruse, su un sistema controlli scientificamente eluso”. Tra i provvedimenti “sblocco delle opere pubbliche” e “semplificazione del codice appalti“. Luglio sarà anche il mese della scuola, aggiunge: “Dalla crisi esci se prendi questo 40,8% e hai il coraggio di fare l’unica grande vera rivoluzione, che è quella educativa, partendo dalla scuola”.

Ma il primo impegno in ordine cronologico sarà quello europeo, con la presidenza del semestre affidata proprio all’Italia. Il Pd, dice Renzi, va in Ue non per farsi spiegare cosa deve fare ma con l’orgoglio di chi ha il coraggio e l’intelligenza di proporre soluzioni che pensano più alle imprese e alle famiglie e meno a chi in questi anni in Ue ha vissuto solo di rendita”. E “chi si candida alla guida della Commissione Ue ci chiarisca prima che intende fare su investimenti su scuola, banda larga”, ad esempio. “Le regole si applicano con un minimo di buon senso, cosa che talvolta in questi anni è mancato”. 

Orfini presidente, civatiani astenuti 
Sull’elezione a presidente di Orfini tutta l’area civatiana si è astenuta 690 voti favorevoli, 32 astensioni). “Le decisioni della maggioranza – ha detto Orfini nel suo primo intervento da presidente – vanno rispettate non perché ce lo dice il segretario ma per rispetto della nostra comunità. Una comunità che ci chiede di vivere democraticamente. Altro che centralismo democratico come ha scritto qualche editorialista…”, osserva Orfini sulla vicenda Mineo. “Io chiederò di incontrare gli autosospesi – annuncia Orfini – per cercare di superare questa empasse e recuperare il senso di comunità che ci ha consentito di rimetterci in piedi dopo che eravamo usciti a pezzi dalle elezioni”. E alcuni dei “dissidenti” è intervenuto, interrompendo una sfilza di interventi a sostegno del segretario, come Lucrezia Ricchiuti e Walter Tocci, due dei senatori che si sono autosospesi dopo la sostituzione di Mineo in commissione Affari costituzionali. Pippo Civati invece ha rinunciato per evitare ulteriori scontri: “L’intervento di Renzi non mi è piaciuto, è stato molto ammiccante sulla sinistra ma sfugge al punto politico su tante cose. Un lungo e enciclopedico affresco” e sulle riforme i toni del premier “sono stati tutt’altro che distensivi” ha detto a margine dei lavori. “Alla riforma del Senato e alle contrapposizioni che ha generato si è data un’enfasi eccessiva – è intervenuta la Ricchiuti – La mia adesione all’iniziativa dell’autosospensione intendeva rimarcare che il gruppo non può diventare un luogo chiuso in cui sia impedito il dibattito. Dire non è tradire. Non mi sento trasparente al punto da non essere vista e sentita”.

Il dissidente Tocci a Renzi: “Mineo e Chiti più leali di molti che ti acclamano”
Più duro Tocci: “Caro Matteo, quanta energia sprecata per un atto d’imperio di utilità zero! Ti invito a dare un esempio di saggezza, da leader. Ti chiedo un atto politico: invita Chiti e Mineo a prendere un caffé. Troverai le parole per farli sentire dentro casa, non fuori dalla porta. Chiti e Mineo li conosco, saranno certo più leali di alcuni che ti acclamano solo per convenienza. Gli appassionati della Costituzione non hanno mai fatto male a nessuno”.
“Caro Matteo – ha proseguito Tocci – hai alzato la voce contro chi vuole conservato il bicameralismo. Hai dato una sberla alle mosche perchè qui non c’è nessuno a voler conservare il bicameralismo”. “Sulle riforme siamo impantanati- ha ribadito il senatore Dem – così non se ne esce. Dovete modificare l’impianto e dovete rivolgervi alle opposizioni. Il voto di Chiti o di Mineo non è affatto determinante”. L’intervento di Tocci è stato molto applaudito da una parte dell’assemblea: “Occupati di riforme come segretario del Pd e non come capo del governo – ha continuato riferendosi a Renzi – Il potere esecutivo deve fare un passo indietro come è accaduto con De Gasperi. Tu non sei ancora De Gasperi, anche se ti auguri di diventarlo. La Carta è come la cappella Sistina, la Divina commedia. Possiamo riscriverla ma occorre solennità, senso dello Stato, spirito costituente. Possono sembrare superate queste parole, ma al Pd non ha mai portato danni chi è appassionato alla Costituzione ma quelli che hanno anteposto l’interesse comune alla Costituzione, e qui c’è molto da rottamare”.