Giustizia & Impunità

Inchiesta Sardegna, la superteste: “Con il metodo paghetta 2500 euro a consigliere”

Ornella Piredda, dal 2008 a oggi è stata molte volte in Tribunale, e dalla sua iniziale denuncia per mobbing è nata la prima inchiesta del genere in Italia. Più volte ha ribadito e denunciato di esser stata demansionata sul posto di lavoro per la sua insistenza a chiedere la rendicontazione delle spese. Gli onorevoli incassavano un tot fisso

In Aula, dovrà tornare di nuovo tra pochi giorni, il 6 giugno. È la super testimone dell’inchiesta ai fondi ai gruppi della Regione Sardegna, prima impiegata poi dirigente ora in pensione, Ornella Piredda. Qualche ora di nuovo davanti al pm Marco Cocco a fine maggio per confermare ciò che ha visto con i suoi occhi e sentito con le sue orecchie. Ancora dichiarazioni e ricostruzioni su come sono stati usati i soldi dei gruppi in Consiglio regionale. Dal 2008 a oggi è stata molte volte in Tribunale, e dalla sua iniziale denuncia per mobbing è nata la prima inchiesta del genere in Italia. Solo dopo è esploso il caso Lazio, e tutti gli altri con più di metà delle Assemblee regionali coinvolte. In Sardegna ormai ci sono vari filoni che coinvolgono più legislature, più di 80 consiglieri coinvolti (tra indagati, imputati e condannati) per peculato aggravato, in modo bipartisan. Gli ultimi avvisi di garanzia sono stati consegnati la scorsa settimana.

Piredda è un ex dipendente del Gruppo misto e ha svelato il metodo paghetta: non rimborsi su fatture e scontrini di spese destinate ad attività istituzionali, ma un tot fisso assegnato a ciascun onorevole. Circa 2.500 euro. E in mezzo, come ricostruito dalla Procura, c’è finito di tutto: maialetti, banchetti nuziali, utenze private, quadri antichi, ciotole d’argento e penne Montblanc. Oltre alla benzina, biglietti aerei e notti in albergo durante le feste. «”o raccontato ancora una volta ciò che sapevo – spiega Ornella Piredda al fattoquotidiano.it – sulla mancata rendicontazione e su come venivano consegnati i soldi. Io ho visto assegni, poi ci saranno stati anche bonifici, ma non so…”.

Quella dell’ultima deposizione per lei è stata “una giornata bellissima”. Qualcosa in questi anni, e mesi, è cambiato. Ad attenderla al suo arrivo tante persone con addosso qualcosa di arancione, il suo colore preferito. Chi un cappellino, chi una sciarpa, una maglietta. Addirittura hanno cantato, chitarra alla mano, il “Samba della rosa” di Ornella Vanoni. Davanti al Palazzo di Giustizia c’è poi lo striscione tenuto in alto dai simpatizzanti: “Siamo tutti Ornella Piredda”, stesso titolo della pagina Facebook che conta quasi 5mila sostenitori. “Nascerà anche il blog – spiega la superteste con una punta di orgoglio – sono persone comuni che hanno abbracciato la battaglia, non si conoscevano prima. Nessuna bandiera politica, si sono incontrati sul web. Dopo la mia intervista a Piazzapulita avevo detto che nessuno voleva prendere un caffè con me. Più volte mi sono sentita isolata. Da lì l’iniziativa “Un caffè con Ornella” e poi il sostegno di volta in volta con gli appuntamenti dal pm. Una signora è arrivata addirittura da Orgosolo solo per stringermi la mano”. E continua: “Sono stati anni orribili. Ma sono andata avanti, solo da poco la gente si è accorta di me”.

Più volte ha ribadito e denunciato di esser stata demansionata sul posto di lavoro per la sua insistenza a chiedere la rendicontazione delle spese. Nessuna solidarietà dai colleghi, racconta: “C’erano manifestazioni ma segrete, di certo non pubbliche”. E nessuno ha seguito la sua strada. Perché? “L’ho detto altre volte. È sempre difficile rinunciare ai privilegi acquisiti”. Quali? “Anche semplici trattamenti di favore sul posto di lavoro, ed è molto demoralizzante. Eppure tutti sapevano. Tutti, me compresa. Era sotto i nostri occhi la leggerezza e la disinvoltura con cui si spendevano quei soldi. Nel migliore dei casi giustificate con una pezza e via”. Ma ora dice di sentirsi meglio: “Oggi sono più speranzosa di ieri: rispetto a un anno, un anno e mezzo fa. C’è la possibilità di cambiare. Ho iniziato sapendo di perdere”. Intanto il Consiglio regionale sardo, nell’ultima legislatura, ha tagliato le spese dei fondi ai gruppi, travolti dallo scandalo e dagli strascichi giudiziari. Lo ha fatto sotto la presidenza di Claudia Lombardo (Forza Italia) che ha provveduto anche a tagliare i contestati vitalizi, ma a partire dai nuovi eletti. Lei stessa, paradossalmente, riceve infatti da pochi mesi una pensione da 5mila e 100 euro netti, a 41 anni.

“Ma qualcosa si può cambiare – dice comunque convinta la Piredda – Ho pensato molte volte in questi anni di far qualcosa di inutile, sapendo di perdere. Ma ora sono davvero meno scoraggiata”. Possibile che tra gli onorevoli indagati non ci fosse qualcuno in buonafede, che idea si è fatta? “Penso semmai che qualcuno fosse semplicemente convinto che quei soldi ‘gli appartenevano’ e basta. Conosco un consigliere arrivato a legislatura già iniziata, una brava persona. Prendeva perché si gli venivano dati i soldi. Ma non è comunque giustificabile”. E ancora: “Ho visto anche consiglieri che entravano da persone “normali” e tempo tre mesi erano trasformati. Perché quel sistema ti inghiotte proprio perché ‘ghiotto’. Non è solo lo stipendio irragionevole e tutto ciò che gira attorno a quella posizione”. Lei, ha un unico desiderio: “In caso di condanna, eventuale, chi è colpevole restituisca tutto con gli interessi. Ma alla società, non al Consiglio regionale. I sardi dovrebbero avere diritto almeno a questo risarcimento”.