Diritti

Arte e disabili, la compagnia teatrale che supera le barriere a passo di danza

Si tratta di Danzability, un gruppo teatrale di Reggio Emilia composto da ballerini con gravi disabilità. Quest'anno è stato ammesso a partecipare al prestigioso premio Giorgio Gaber organizzato dal teatro stabile di Grosseto

L’integrazione a Reggio Emilia passa dalla danza e anche da una delle più prestigiose manifestazioni dedicate ai giovani artisti. Tra i partecipanti al Premio Giorgio Gaber per le nuove generazioni organizzato dal Teatro Stabile di Grosseto in collaborazione con Unicef, quest’anno c’era anche la Compagnia Danzability, un collettivo di danzatori abili e disabili che da anni propone esperienze creative per promuovere la danza come linguaggio universale per superare difficoltà motorie e barriere fisiche di ogni tipo. La compagnia è stata selezionata per presentare una versione ridotta de “La Giostra degli Amleto”, realizzata nel 2013 da un’idea di Stefano Masotti e Sara Brambati con la compagnia ZeroFavole, e riadattata per l’occasioneda Laura Matano e Mirella Gazzotti.

A Grosseto i giovani performer del progetto reggiano sono andati in scena insieme a ragazzi delle scuole superiori che hanno lavorato passo dopo passo con loro. “Per l’occasione, accanto agli artisti disabili, sono stati chiamati anche alcuni ragazzi normodotati, che si sono esibiti insieme a loro nello spettacolo”, spiega Daria De Luca, presidente dell’associazione Cinqueminuti, che con il Centro permanente danza Let’s Dance e alcune cooperative sociali come Il Piccolo Principe gestisce la Compagnia Danzability. “E’ stato un lungo lavoro di integrazione, e partecipare al Premio Gaber, dedicato al talento dei giovani senza distinzioni, è un altro passo su questa strada, perché permette al laboratorio di proiettarsi in uno spazio reale e uscire dai contenitori e dagli eventi legati alla disabilità. Questo spettacolo dimostra proprio che ci sono infinite possibilità di esprimersi anche se non siamo tutti uguali, e che ognuno può diventare capace di fare ciò che desidera”.

I componenti della compagnia rifuggono le forme di pietismo e qualsiasi obiettivo che vada al di là della comunicazione artistica. I risultati, spiega la responsabile, devono essere misurati sulla performance, al di là che a metterla in scena siano abili o disabili. “Il giudizio di questa rassegna è una cosa molto importante – continua De Luca – Lo spettacolo va valutato come creazione artistica in sé, e non con occhi diversi perché realizzato da persone con disabilità”. I risultati arriveranno dopo la metà di giugno, ma la partecipazione al Premio per la Compagnia Danzability è già una vittoria. “Sotto i riflettori ci sono ragazze in sedia a rotelle, altre con gravi disabilità e limiti fisici – racconta la presidente – Oppure persone che per comunicare, solitamente hanno bisogno di un accompagnatore o di un facilitatore. Ma con la danza, ogni comunicazione supera le barriere e diventa più facile, si crea qualcosa di unico”.

L’obiettivo è questo sin dal 2003, quando dal Centro permanente danza Let’s dance è nato il progetto Danzability per comunicare con la danza attraverso un gruppo multidisciplinare che negli anni ha visto alternarsi professionisti, ragazzi disabili, giovani artisti e performer. Sono nate esperienze creative, produzioni, laboratori per promuovere l’integrazione e l’interazione delle persone diversamente abili attraverso le arti performative. E in futuro ci sono altri progetti, altri traguardi da raggiungere.

I frutti di quel lavoro cominciato oltre dieci anni fa si raccolgono ora, ma sono valsi già tante soddisfazioni che vanno al di là degli spettacoli e dei premi, anche del Gaber. “Per le famiglie e i ragazzi, approcciarsi alla danza significa confrontarsi con i propri limiti fisici e di movimento, ma sviluppare anche nuove competenze e linguaggi – continua De Luca – La danza da sempre è vista come la disciplina del corpo perfetto. Avvicinandosi ad essa, le persone disabili superano tutti gli stereotipi e si riappropriano della loro vita. E’ un modo di affermarsi in una società, al di là di tutte le barriere oggettive. La danza esiste anche per loro”.