Elezioni Europee 2014

Europee, i difensori del sogno europeo e il loro difficile rapporto con la storia

Tra “miseria dello storicismo”[1] e “valori permanenti nel divenire storico”[2]

«O cacciati del ciel, gente dispetta»,


cominciò elli in su l’orribil soglia,


«ond’ esta oltracotanza in voi s’alletta»?

Inferno, 91-93

L’attività onirica, per propria natura non può essere confinata nello stretto recinto della logica. Il rapporto dei laudatores del Sogno con la storia, non fa eccezione. Da un lato, essi assolutizzano valori e concetti che sono strettamente legati al periodo storico nel quale vennero concepiti, dall’altro ricusano testimonianze del passato che, invece avrebbero una ragion d’essere anche nel momento presente. In genere non seguono ciò che logica vorrebbe, ma cercano di piegare la storia alle propria logiche

E’ evidente a tutti il fallimento fattuale dell’Unione Europea, che è divenuta, un’arma di distruzione di massa per il benessere e i diritti dei cittadini;  una compagnia d’avanspettacolo, per ciò che riguarda la politica estera (vedi Ucraina); uno strumento per promuovere la dittatura delle elites economiche e finanziarie, anche attraverso la creazione di un immenso “esercito industriale di riserva”.

Per fornire un esempio di quei valori permanenti, menzionati nel sottotitolo, possiamo vedere come, di fronte a questo evidente fallimento, i difensori del sogno (“a prescindere, direbbe Totò) in genere buttano lì una frase, dal contenuto vago, che secondo loro dovrebbe spiegare tutto: “Ah, ma questa non è l’Europa dei popoli” (cosa intenderanno con la vaga nozione di  “popoli”, non è dato saperlo). “Non è l’Europa di Spinelli, quella di Ventotene”.

Già, ogni tanto torna il feticcio di Ventotene che, nel pensiero magico dell’europeismo d’accatto è il mitologema imprescindibile,  una sorta Torah alle lenticchie (specialità tipica dell’isola pontina), che ogni “vero credente” deve venerare. O, per dirlo in maniera secolare, quello che gli anglosassoni chiamano “cultural lock-in” che, si potrebbe tradurre liberamente con “fissazione al passato” (cfr: L. Binswanger, Melanconia e mania, 1960)

Se, tuttavia, contestualizziamo un poco il suddetto testo sacro, scopriamo che le idee da esso espresse, erano fortemente dipendenti dal particolare momento storico in cui  fu redatto.

Si era nel bel mezzo del più sanguinoso conflitto della storia e, nel nostro paese era al potere una dittatura scellerata. Altiero Spinelli, autore del Manifesto era al confino, nell’isola di Ventotene, dopo aver scontato una lunga prigionia, in quanto oppositore del regime.

E’ chiaro che, date le circostanze, l’idea di un’Europa unita e federale (gli Stati uniti d’Europa), potesse essere vista come l’unico rimedio possibile per evitare futuri conflitti tra stati-nazione allora belligeranti.

Nel dopoguerra, come abbiamo già scritto, la situazione mutò radicalmente (come è ovvio). Oggi,  i paesi che fanno parte dell’Ue, sono anche membri della Nato, praticamente stati vassalli, dal punto di vista militare dell’unica superpotenza rimasta.

Anche certe idee espresse nel Manifesto scontano il clima dell’epoca, come le seguenti affermazioni, francamente assai poco conciliabili con qualsivoglia idea di democrazia, che, anzi peccano di quel “populismo” col quale i “sognatori” stigmatizzano coloro che si oppongono alla tonnara sociale conseguente all’attuale regime monetario.

«Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia i democratici si sentono smarriti […] Pensano che loro dovere sia di formare quel consenso, e si presentano come predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino sapendo dove arrivare […]

La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria. […] la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine»

Quest’ultimo passo appare sinistramente simile a quanto affermato da Mario Monti nel febbraio 2011:

 «Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, di gravi crisi per fare dei passi avanti, i passi avanti dell’Europa sono per definizione cessione di parti della sovranità nazionale»

Eppure, molti continuano a considerare le idee espresse in quel manifesto come “valori permanenti nel divenire storico!. Boh, ancora una volta non capiamo.

Per avere, viceversa un fulgido esempio di “miseria dello storicismo”, ovvero di una ricusazione netta e definitiva di idee espresse nel passato, prendiamo l’esempio di due arzilli vecchietti piuttosto noti (anche per aver mutato le proprie idee con una certa frequenza). Uno di essi è l’attuale inquilino del Quirinale (“altro dirvi non vo’”); l’altro è, forse il principale tra i dozzinali maître à penser dei parvenu intellettuali progressisti da ”apericena” (spaventoso neologismo che viene adoperato dai ggiovani), ovvero Eugenio Scalfari

E’ ormai celebre il discorso di Napolitano alla Camera dei deputati, il 13 dicembre 1978, in occasione della discussione sull’ingresso dell’Italia nello Sme (una sorta di Euro ante litteram):

«L’accordo di Bruxelles ha ribadito la gravità: se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, delle economie europee e dell’economia mondiale, o debba servire a garantire il paese a moneta più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania federale e spingendo un paese come l’Italia alla deflazione […] Il rischio è quello di veder ristagnare la produzione, gli investimenti e l’occupazione»

Più o meno nello stesso periodo, il maître à penser, di cui sopra, scrisse alcuni articoli sull’argomento, nei quali affermava, quanto segue:

«Gli altri membri del sistema resteranno inevitabilmente alla periferia, saranno –politicamente parlando- marche di confine […] La moneta dominante dello SME“è il marco tedesco. Ciò significa che se il marco tedesco continua a rivalutarsi, come avviene ormai ininterrottamente da dieci anni, nei confronti del dollaro, tutte le monete dello SME si rivaluteranno. […]ciò significa che il potere d’acquisto interno della lira continuerà a diminuire, i costi di produzione ad aumentare e le nostre merci a costare di più rispetto alle concorrenti merci straniere. Come si vede è una forbice dalle cui lame si può venire stritolati»

E, già. All’epoca avevano entrambi compreso adeguatamente la situazione nella quale si sarebbe cacciato il nostro Paese.

Poi, a distanza di anni, i due quasi – coetanei hanno modificato completamente le loro idee, diventando i più strenui difensori della fede eurofila, tacciando di “populismo” tutti coloro che osassero contestarla, ovvero coloro che dicono ciò ch’essi avevano detto allora. Ma, si sa, i vecchi non hanno una buona memoria

E poi, come dar loro torto, è brutto essere “populisti”: solo con le crisi si può educare il popolo alla ““durezza del vivere”


[1] Cfr. Karl Popper, Miseria dello storicismo, 1944

[2] Cfr Congresso internazionale su I valori permanenti nel divenire storico. Roma, 3-6 ottobre 1968, organizzato da Elemire Zolla, per l’Istituto Accademico di Roma