Economia & Lobby

Spending review, l’ombrello finisce sempre lì, ora però c’è tanto ottimismo

Se davvero l’Italia, nel quadro dei suoi piani di risparmio, farà a meno di una manciata di cacciabombardieri-bidone costosissimi e affidabili come i primi prototipi dei fratelli Wright, avremo finalmente qualcosa da festeggiare. Sarebbe carino che chi l’ha sempre detto (i caccia non ci servono, costano, funzionano male, eccetera) ricevesse un bigliettino di scuse da chi (Pd in primis, con l’ex ministro Mauro in trincea) li ha trattati fin qui come disfattisti piantagrane e imbelli pacifisti. Ma si sa, non si può avere tutto dalla vita ed è comunque un passo interessante.

Poi, con un po’ meno cacciabombardieri, bisognerà mettere mano ad altri tagli, perché la falce mietitrice nota con il nome di spending review prevede cifre piuttosto alte, con “risparmi” che in due anni e mezzo dovrebbero arrivare alla bellezza di 32-33 miliardi di euro. E siccome quest’anno si oscilla tra i sette (gli ottimistissimi) e i tre (i realistissimi), pare scontato che tra l’anno prossimo e quello successivo bisognerà trovare nelle pieghe dei bilanci dello Stato la bellezza di 25 miliardi. Ora si sa: a forza di scrivere che questo è il paese degli sprechi e delle ruberie abbiamo i calli ai polpastrelli e se c’è da tagliare si tagli senza indugi, dagli stipendioni dei grandi manager alle pensioni d’oro e platino, dai costi della politica ai barba-trucchi nazionali (tanti) per buttare i soldi dalla finestra. Però, spiacenti, non c’è niente da fare: da tutta quella schiuma di soldi buttati 25 miliardi in due anni non usciranno. E se ne ha triste conferma leggendo le prime cifre del conto che Carlo Cottarelli sta presentando al Paese.

Tabelle irte di numeri e di miliardi da tagliare che, sommati, arrivano alla bella cifrona di 33,9. Lasciamo agli economisti una disamina precisa e puntuale e guardiamo solo alle cifre più grosse. Due miliardi e trecento milioni si risparmieranno, nel 2015, alla voce “Iniziative su beni e servizi”. Formula oscura ma mica poi tanto: si taglierà sui servizi pubblici ai cittadini. E nel 2016 quei tagli avranno una decisiva impennata: 7,2 miliardi. Dunque è giusto sapere che nel biennio 2015-2016 verranno a mancare quasi dieci miliardi di euro in beni e servizi, cose che ora sono faticosamente garantite e che poi non lo saranno più. Sostenere che tutti questi soldi siano frutto di tagli ad odiosi sprechi e privilegi non è possibile: si tratterà di tagli veri, probabilmente dolorosi.

Ci sono naturalmente molti altri numeri nella spending review di mister Cottarelli, per esempio due bei miliardi di tagli alla sanità nel 2016 (pudicamente indicati alla voce “Misure patto salute e costi standard”), per non dire dei quasi 3 miliardi che deriveranno dalla voce “contributo temporaneo pensioni” e per raggranellare i quali non basta certo attaccare le pensioni dei nababbi.

Insomma, i tempi cambiano. I governi passati, di fronte a un piano simile avrebbero gonfiato il petto e scimmiottato il Churchill delle “lacrime e sangue”. Oggi, invece, si cambia verso: si gonfia il petto lo stesso, saranno lacrime e sangue lo stesso, ma non si dice, anzi, si favoleggia di ottimismo obbligatorio, “ultima spiaggia”, occasione irripetibile, eccetera eccetera. La novità è tutta qui: comunicazione, immagine e spettacolino con effetti speciali, dispiego di ego e orgoglio, proclami di efficienza, battute spiritose e parole inglesi. Una modernità veloce e beat per una musica antica come un madrigale: come li chiami li chiami, i tagli sono tagli.

@AlRobecchi

Da Il Fatto Quotidiano del 19 marzo 2014