Società

Fini-Giovanardi: Leggi e carcere, in assenza della politica

La Fini-Giovanardi era una legge che non trovava alcuna ragione se non nell’ideologia incarnata nei due proponenti che le hanno dato il nome. Un mix di perbenismo moralista vetero-democristiano e una destra forcaiola che doveva farsi perdonare gli eccessi di garantismo funzionali agli interessi del capo e dei suoi epigoni.

Stesso discorso per la Bossi-Fini: neanche con la più sfrenata fantasia dei titoli satirici del vecchio caro “Cuore” si sarebbe potuto immaginare che la questione degli immigrati la risolvessero leghisti e fascisti.

E la ex-Cirielli è un caso esemplare di legislazione schizofrenica: rinnegata dallo stesso ispiratore che, da destra, voleva inasprire le pene per pregiudicati e recidivi e invece si ritrovò nel testo l’accorciamento dei termini di prescrizione con cui si doveva amputare qualche processo in corso.

Sono queste le principali leggi “carcerogene” che hanno portato al sovraffollamento che rende disumana la permanenza nella stragrande maggioranza delle patrie galere.

Nonostante tanti proclami, soprattutto in campagna elettorale, i parlamenti che si sono succeduti non sono stati in grado di dare una sistemazione organica alla materia della giustizia, a partire dalla cancellazione delle leggi più sconsiderate. Ancora una volta, in assenza della politica, sono stati dei giudici (in questo caso quelli della Corte Costituzionale) a doversi esprimere per l’illegittimità delle norme che equiparavano tutti i tipi di droghe, con un pesante trattamento sanzionatorio.

Ora è vero che il principio attivo di certo hascisc in circolazione è talmente forte che ci si chiede se valga ancora la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Ma resta il problema dell’efficacia della pena detentiva per certi tipi di condotta. Si parla di 8-10 mila persone che sono in carcere per la sola detenzione di pochi grammi di stupefacenti.

È sempre l’ideologia che invade terreni sensibili come questo. Se è vero che lo Stato deve interessarsi alla salute fisica e mentale dei cittadini, non c’è motivo per non porsi anche il problema di alcool, tabacco e tutte quelle attività che hanno effetti simili, se non più devastanti, come le scommesse e le sale giochi.

Io resto dell’idea del carcere come extrema ratio, solo per casi di pericolosità conclamata che devono seguire percorsi di riabilitazione e reinserimento sociale. Altrimenti, così com’è oggi, è solo una discarica sociale buona per il lavaggio della coscienza collettiva, andando a infierire solo sui più sfortunati e privi di mezzi.

È chiaro che una forma di punizione dei comportamenti devianti va prevista. Ma dev’essere efficace e l’ammasso di esseri umani in spazi ristretti non ha alcun senso. Tra pochi anni ce ne dovremo vergognare.