Società

Chiamiamola ‘azzardopatia’ e non ‘ludopatia’: le parole contano!

Sta prendendo corpo in questi giorni la proposta di sostituire “ludopatia” con una parola nuova e, credo, molto più pertinente: “azzardopatia”.
Lo propone con una lettera aperta un gruppo di operatori del mondo del gioco, cerchiamo di capire perché.

Il gioco non è una cosa sola. Il concetto raggruppa tante attività anche molto diverse tra loro e non è nemmeno possibile una vera tassonomia, si può invece ragionare per somiglianze, ogni famiglia di giochi ha una qualche parentela con un’altra famiglia di giochi.
Giochi per bambini, giochi da tavolo, gioco in borsa, giochi matematici, giochi erotici, giochi olimpici, giochi di simulazione, giochi di ruolo, giochi in solitario… e chi più ne ha più ne metta. Sotto lo stesso ombrello stanno insieme cose belle e cose meno belle.

E tra le cose meno belle molti annoverano il gioco d’azzardo (in particolare le dilaganti slot machine), che genera comportamenti compulsivi e induce dipendenza in troppi italiani. Formalmente questa dipendenza si chiama Gioco d’azzardo patologico (GAP) e in sé la dicitura mi pare abbastanza precisa e auto-esplicativa. Ma il fatto è che nel linguaggio comune e anche nel linguaggio dei media è entrato in uso il termine abbreviato di ludopatia.

E qui non ci siamo, la dipendenza non è dal gioco (ludo-), ma da quello specifico tipo di giochi che implica l’azzardo.
In qualche modo questo scredita tutta una categoria di giochi (e di operatori dei giochi) che non hanno alcuna valenza negativa, anzi che ne hanno solo di positive. Perché il gioco è una delle fondamentali attività umane, come abbiamo imparato non solo dall’Homo Ludens di Johan Huizinga o da I giochi e gli uomini di Roger Caillois, ma anche da moderni poetici interpreti del gioco da tavolo come Alex Randolph, sul cui Homo Ordinator (una sorta di magico saggio testamentale) torneremo di certo in altra occasione.

Hanno ragione, il problema non è il gioco, il problema è l’azzardo e soprattutto la sua degenerazione compulsiva.
Perciò – essendo comunque necessaria una parolina unica per indicare questa nuova dipendenza – impegniamoci tutti a dimenticare il termine ludopatia e ad usare al suo posto azzardopatia, che è molto più corretto.

Ok, direte voi, tutta questa storia per una parola! Sì, per una parola, perché il linguaggio è importante e influenza anche la nostra percezione.
Io stesso in questo blog ho usato varie volte la parola ludopatia, per esempio in un post dello scorso 23 maggio; ma da ora in poi mi riprometto di passare ad azzardopatia. Un sia pur modesto contributo alla chiarezza e alla consapevolezza. 

Qui sotto ampi stralci della lettera aperta, firmata anche da me, la cui versione integrale è disponibile per esempio qui.

Lettera aperta di ludologi, giocologi, educatori, animatori ludici, autori ed editori di giochi sani.

Da tempo, nel nostro paese, si confondono concetti che hanno bisogno di parole nuove: succede in tutti i campi, ma noi ci occupiamo di giochi e da qui vogliamo partire. Perché le parole sono importanti e, quando cambiamo le parole, cambiamo la nostra percezione del mondo.
In Italia, gioco e gioco d´azzardo, pur essendo due cose molto diverse, spesso risultano indistinti.
[…]
Nel nostro paese, la dizione formale “gioco di azzardo patologico” si è trasformata nel più sintetico “ludopatia”, coerentemente con uno slittamento dal termine “gioco d´azzardo” al semplice “gioco”, favorito da chi, col gioco d´azzardo, lavora. Pensiamo sia importante, anche nel linguaggio che usiamo tutti i giorni, mantenere la distinzione e proponiamo di adottare il termine “azzardopatia”. Riteniamo che l´uso del vocabolo “ludopatia” possa essere addirittura dannoso, camuffando il “gioco di azzardo patologico” dietro un termine emotivamente accettabile.
Riteniamo che l´uso della parola “azzardopatia”, parimenti sintetico e pratico, sia più corretto e la sua diffusione ancora possibile.

Come? Usando questa parola sui giornali, quando si parla di questa emergenza sociale; usandola nelle leggi e nelle delibere, accanto al termine tecnico “gioco di azzardo patologico”; adoperandola nelle campagne sociali; sostituendo, in sintesi, la parola “ludopatia”.
Perché? Perché la parola “ludus” ha un significato più ampio e nobile che si connota entro un´accezione più ricca e piena del concetto di gioco.
[…]
Siamo convinti che un nuovo proibizionismo farebbe senz´altro danno e, con la presente, non intendiamo disconoscere il fatto che anche il mondo del gioco d´azzardo è variegato e ha punte di interesse culturale legittimo (si pensi, ad esempio, al poker sportivo) come ampie aree che lo sono molto meno (si pensi alle slot machine dietro l’angolo). Queste ultime sono la vera emergenza nazionale giacché, apprendiamo dai giornali, una buona fetta sono ancora in mano alla criminalità organizzata e sono anche forti e ben organizzate le lobby che operano a loro tutela. La stragrande maggioranza delle azzardopatie è legata alle slot machine.

A noi, tuttavia, molto più modestamente interessa distinguere a livello macroscopico, come fanno altre lingue, il gioco sano, che chiamiamo semplicemente gioco, dal gioco d´azzardo. Crediamo che l´uso del termine “azzardopatia” contribuisca a questo scopo. 

Mauro Adorna, Spartaco Albertarelli, Enzo Bartolini, Anna Benedetto, Luca S. G. Betti, Luca Borsa, Marco Carli Ballola, Gianfranco Buccoliero, Raffaele Cadamuro, Daniela Capitanucci, Tino Cappelleri, Andrea Castellani, Stefano Castelli, Mario Catarisano, Luca Cerrato, Dario Cherubino, Pietro Cremona, Massimiliano Cuccia, Alessandro de Lachenal, Tullio De Scordilli, Dario De Toffoli, Antonio Di Pietro, Marco Donadoni, Paolo Fasce, Anna Fava, Gianfranco Fioretta, Marco Fornasir, Giovanni Galanti, Renato Genovese, Nicla Iacovino, Andrea Ligabue, Antonello Lotronto, Giovanni Lumini, Piermaria Maraziti, Stefano Mondini, Paolo Mori, Paolo Munini, Andrea Nini, Tomas Paladin, Fabrizio Paoli, Ennio Peres, Angelo Porazzi, Claudio Procopio, Lorenzo Sartori, Anna Scovenna, Giacomo Sottocasa, Paola Rizzi, Marina Santinelli, Franco Sarcinelli, Beniamino Sidoti, Alberto Tavazzi, Lorenzo Trenti, Mirella Vicini, Emanuele Vietina, Andrea Vigiak, Luca Volpino, Giorgio Weiss, Elvira Zaccagnino, Dario Zaccariotto.