Tecnologia

Datagate, la “guerra sporca” dei servizi inglesi contro gli hacker di Anonymous

Nuovi documenti forniti da Edward Snowden fanno luce sulle attività degli 007 britannici nella loro lotta contro il gruppo di pirati informatici: attacchi indiscriminati contro tutti gli attivisti e tecniche al limite della legalità

Non solo intercettazioni. Le rivelazioni della talpa del datagate, Edward Snowden, sulle attività di guerriglia informatica portate avanti dai servizi statunitensi e britannici si arricchiscono di un nuovo capitolo. Questa volta a finire in prima pagina è un’unità di spionaggio inglese legata al Government communications headquarters (Gchq), l’equivalente inglese dell’Nsa. Si tratta del Joint threat research intelligence group, una task force che nel 2011 è stata impegnata per contrastare il gruppo hacker Anonymous.

Stando i documenti forniti da Snowden e pubblicati da Nbc News, però, il Jtrig ha intrapreso azioni al limite della legalità, utilizzando tecniche di hacking per distruggere la rete di Anonymous e smantellare il gruppo di attivisti raccolto intorno a loro. Nel corso dell’operazione, il cui obiettivo era esplicitamente indicato con quello di “distruggere” e “fermare” gli avversari, il Jtrig si è infiltrato nelle chat room frequentate dai simpatizzanti di Anonymous per individuare i responsabili degli attacchi che stavano interessando numerosi siti governativi. Era il 2011 e Anonymous era nel pieno dell’operazione Payback, che aveva preso di mira le istituzioni che ostacolavano l’azione di Julian Assange e il governo americano, reo di avere incarcerato la talpa Bradley Manning.

L’operazione sotto copertura degli agenti britannici ha portato, in quei mesi, a identificare alcuni hacker responsabili di attacchi a siti istituzionali. Il gruppo operante nel Jtrig, però, non si limitò a perseguire gli autori di azioni criminali, ma operò attivamente per “scoraggiare” la partecipazione degli attivisti indipendentemente dal loro coinvolgimento con atti al limite della legalità. L’episodio più eclatante, riportato in una presentazione della stessa Nsa, è rappresentato dall’operazione Rolling Thunder: un attacco Ddos che ha messo ko i server Irc usati dagli attivisti per conversare in chat, usando lo stesso tipo di attacco usato dagli hacker per abbattere i siti web.

Un’azione che, se commessa da “semplici” cittadini, è considerata reato in qualsiasi paese. Senza contare che l’attacco portato dagli 007 inglesi avrebbe portato al blocco di tutti i servizi ospitati dallo stesso server, oltre che di altri server gestiti dall’Internet Provider finito nel mirino del Jtrig. Insomma: un’azione di legalità assai dubbia con tanto di “effetti collaterali” che hanno coinvolto anche chi non aveva nulla a che fare con Anonymous. Il bilancio dell’operazione è stato di due arresti, tra cui quello di Jake Davis, un attivista diciottenne che ha subito una condanna a 2 anni. L’accusa? Avere orchestrato due attacchi Ddos.

Le azioni discutibili del Jtrig, però, non finiscono qui. Stando sempre ai documenti riportati da Nbc News, gli agenti britannici hanno tracciato tutti i partecipanti alla chat, bombardandoli poi attraverso Facebook, email, Twitter e Skype di messaggi con il testo “Il Ddos e l’hacking sono illegali, per favore smettete”. Una vera campagna di intimidazione rivolta a una comunità con migliaia di partecipanti che non avevano commesso alcun reato e che, stando a quanto riportato nei documenti dell’Nsa, ha portato l’80% dei partecipanti alle chat ad abbandonarle. Gabriella Coleman, antropologa e docente universitaria interpellata da Nbc News sulla vicenda, non ha fatto sconti: “Punire migliaia di persone che stanno esercitando il loro diritto democratico al dissenso a causa di un paio di individui che hanno commesso reati, rappresenta una reazione eccessiva che punta solo a sopprimere il dissenso”.