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Obama: la speranza, il sogno, la democrazia del merito

“Loro credono e io credo che qui in America il nostro successo non dovrebbe dipendere da una casualità legata alla nascita ma dalla forza dell’etica del lavoro e dalla portata dei nostri sogni. Questo è ciò che ha portato qui i nostri antenati. Ciò che ha permesso alla figlia di un operaio di diventare l’amministratore delegato della più grande industria automobilistica, ciò che ha permesso al figlio di un barbiere di diventare il portavoce della Camera e ciò che ha permesso al figlio di una mamma single di diventare il presidente della più grande nazione della terra”.

Ci sono molti passaggi nel discorso di Barack Obama sullo stato dell’Unione che andrebbero letti con la giusta attenzione che merita una visione volta a superare il gap creato da anni di capitalismo incontrollato che sta rischiando di mettere in ginocchio la vera forza di questo paese che è rappresentata dalla classe media, laboriosa, paziente, resistente e incrollabile nella sua fede nel sogno americano.

Ci sono molti passaggi come quello sulla vergogna rappresentata dagli stipendi inferiori delle donne rispetto agli uomini, o sulla necessità di risolvere la questione fra Israele e “lo Stato libero palestinese”, sull’urgenza di approvare una legge importante sull’immigrazione in un paese in cui gli immigrati sono ciò che lo rende unico e, sicuramente, più ricco, non solo economicamente.

Ci sono molti passaggi che ci ricordano la differenza fra un leader che ha messo la politica, intesa come benessere del paese, in testa ai suoi doveri etici e politici che usano il proprio mestiere per acquisire poteri e privilegi personali.

Ma quel passaggio, quello con cui apro questo post è quello della speranza e l’essenza di ciò su cui si basa la grandezza di questo paese e la certezza che non crollerà mai. Un paese in cui il suo presidente chiede più rispetto e spazio per i sogni ma, badate, non quelli che si sognano con occhi persi e distratti ma quelli che si costruiscono con il lavoro e la determinazione. Perché “niente che valga la pena è facile“. Quel passaggio è tutto ciò che manca all’Italia per raddrizzare la schiena. La speranza, il sogno e la democrazia del merito. “Non una vita basata sulla casualità’ di una nascita”.

Obama ha chiuso il suo discorso dicendo “Credete”. Non c’è parola più forte che il leader di una grande potenza possa usare senza correre il rischio di suonare ridicolo. Obama ha raccolto una standing ovation perché l’America sa e può credere.