Media & Regime

Le invasioni barbariche, il salotto di casa Bignardi tra la birretta e lo sbadiglio

A chiusura di stagione oppure per rianimare i modesti ascolti, persino un venerdì anonimo o un venerdì festivo, presto o tardi, Daria Bignardi dovrebbe esclamare (senza i soliti acuti): questo è il mio salotto casalingo, non è mica uno studio televisivo. E i telespettatori, scevri da un equivoco ben visibile, potrebbero replicare (con un acuto, stavolta insolito): ce n’eravamo accorti. Perché Le Invasioni Barbariche su La 7, confinate a gennaio e febbraio con le temperature più rigide, ormai sono soltanto tre ore di esibizioni di Daria Bignardi, che non dirige, non conduce, non domanda: no, fa compagnia all’ospite. E per restare giovani sin da giovani, s’inventa scenette raccapriccianti: il cagnolino per Mario Monti, il computer ben marcato per Matteo Renzi, la “biretta” (così viene chiamata a sinistra, quella che si crede sinistra) con la cantante Giorgia. E più s’incrocia la fantasia scadente con l’atteggiamento familiare, o meglio familistico, e più il pubblico evade in massa.

Qui la faccenda non è materia per studiosi di Auditel, no, c’entra poco e interessa pochissimo. Qui assistiamo, ogni venerdì di ogni stagione (invernale), a un revisionismo personale. Che non va oltre Daria Bignardi, però, spesso, travolge chi siede di fronte. Venerdì ha invitato il segretario leghista Matteo Salvini e le figlie di Cécile Kyenge, il ministro per l’Integrazione insultato in qualsiasi maniera dal Carroccio. Non sappiamo se l’incontro serviva a siglare una resa padana, ma la Bignardi ci ha informato in diretta che le ragazzine (neanche ventenni) si sono rifiutate di farsi riprendere accanto a Salvini perché la mamma (a ragione o forse no) ha negato loro il permesso. Le ragazzine sono maggiorenni, però autori e Bignardi (e pure la mamma) potevano evitare di esporle in televisione, durante una trasmissione che prevede la presenza di Salvini.

Ma proviamo a decriptare le intenzione di Daria Bignardi, quella che si collegava con la “caaasa” del Grande Fratello. Che s’aspettava: che le Kyenge e Salvini annunciassero un’alleanza poi certificata con la santa acqua del Po? Oppure che, in collegamento telefonico, il governatore Bobo Maroni officiasse a una “sintonia ritrovata da larghe intese”. Perché allestire questa pantomima, per arrecare un danno a due incolpevoli ragazzine? E che senso ha l’impatto generazionale fra Michele (il vincitore di X-Factor) e Michele Serra? E che significato ha l’intervista con finta emozione e finto imbarazzo al mago Silvan? E la chiacchierata con l’amica Giorgia che, giustamente, va in giro per promuovere il nuovo disco?

Le Invasioni Barbariche non hanno più nulla di elitario, clamoroso, innovativo. Sembra una comitiva, a volte scompigliata per lo sbarco di nuovi e inconsapevoli eroi, che si dà appuntamento davanti al caminetto di Daria Bignardi. Che non fa nulla per essere antipatica, ma fa troppo per essere simpatica, che poi finisce per essere inconsistente. Come un programma che fonde la politica più nera con la cronaca più rosa, barbotta di Twitter e Facebook e “se fa ‘na biretta” con Giorgia.

Il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2014