Tecnologia

Privacy, Whatsapp e l’illusione di scegliere sempre con chi condividere i nostri messaggi

Le nostre abitudini e le nostre relazioni private sono fra i beni più preziosi che abbiamo perché rispecchiano quello che siamo e che potremo diventare.

Whatsapp è un’applicazione per smartphone che consente di scambiare messaggi con i contatti della nostra rubrica (che abbiano a loro volta scaricato questa applicazione) tramite internet, evitando così di pagare gli sms. Ha completamente rivoluzionato il mondo della telefonia, rendendo le nostre comunicazioni molto più economiche. I numeri di WhatsApp sono impressionanti: il 12 giugno 2013 ha registrato 27 miliardi di messaggi scambiati, mentre il 19 dicembre 2013 ha raggiunto i 400 milioni di utenti attivi al mese

L’utente medio si sente al sicuro su Whatsapp perché quando condivide con uno o più amici un’informazione o una foto è sicuro di farlo in maniera totalmente privata. Ci sono due aspetti, tuttavia, su cui occorre riflettere: i livelli di sicurezza di Whatsapp non sono “a prova di bomba” e ci sono già stati casi di violazioni della privacy. Non è un caso che nella sua privacy policy, nella sezione “Our Commitment To Data Security”, Whatsapp esplicita di garantire “sforzi commercialmente ragionevoli”. Tradotto in parole povere: avete pagato l’app 89 centesimi, non vi aspettate una sicurezza assoluta. Ed è giusto così. Il problema è che invece le persone, non soltanto gli adolescenti, pensano di poter scrivere qualsiasi cosa su Whatsapp, ma soprattutto di poter inviare qualsiasi genere di foto, anche quelle più o meno intime. Non si immaginano assolutamente la possibilità che un hacker possa rubare informazioni o foto dal suo cellulare: “Con tutte le persone che utilizzano Whatsapp, perché un hacker dovrebbe interessarsi proprio a me?”.

La questione è in realtà un’altra: così come Facebook utilizza sistemi in grado di riconoscere i volti delle persone, credete che non esistano sistemi in grado di riconoscere i corpi nudi? E se poi quelle foto venissero vendute a siti pornografici con server nei paesi più remoti? Ancor più semplice è il riconoscimento di determinate parole chiave; fortunatamente l’interesse alle nostre informazioni è tendenzialmente minore rispetto a quello per le foto, difatti venderle non ha molto senso se non sei una persona di interesse pubblico.

Whatsapp è uno strumento eccezionale, ci ha semplificato la vita, ma non dobbiamo abusarne, non dobbiamo pensare di poterlo usare sempre e per ogni scopo. Lo stesso vale tendenzialmente per qualsiasi altra applicazione per smartphone e per il mondo di internet in generale. Vale anche per chi oggi manda proprie foto ridicole al partner o ad amici, magari solo per ridere insieme di un certo episodio. Chi manda quelle foto dimentica che il destinatario avrà per sempre quelle foto, anche dopo un litigio.

Quante volte ci è capitato in passato di subire una vendetta o anche solo uno scherzo? In passato, preso dall’ira, l’ex partner poteva decidere di raccontare a voce quell’episodio, spesso senza prove  e quindi con poca credibilità, per poi, eventualmente, scusarsi dell’accaduto a mente fredda. Oggi ci vogliono pochi secondi per condividere tramite Whatsapp (o, ancor peggio, sui social network) una o più foto compromettenti ricevute. In un momento d’ira è molto facile abusare di quelle foto. E da quel gesto poi non si torna indietro, le scuse non bastano più.  

I genitori dovrebbero mettere in guardia i propri figli da questi problemi, ma ancor prima dovremmo preoccuparcene noi per noi stessi, non possiamo sempre condividere tutto. Prevenire è meglio che curare, non credete?