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Ultras, ricatti e violenze. L’unica fede è il denaro

Un ritorno alle origini, alla radice. All’etimologia del nome ultras che prende spunto dagli ultraroyaliste francesi, che al tempo della Seconda Restaurazione erano i più strenui difensori del re e delle prerogative destrorse della monarchia. Poi gli ultras, o alcuni di loro, negli anni Settanta del secolo breve si sono spostati a sinistra, li trovavi nelle piazze e nelle fabbriche a fianco degli operai e degli studenti, nei quartieri a bloccare gli sfratti o a organizzare gli espropri. E oggi, come figliol prodighi sono tornati a sedersi all’estrema destra, fedeli alla linea del re, quelle società di calcio da cui dipendono fideisticamente ed economicamente, che li coccolano e sovvenzionano salvo poi distaccarsene quando serve loro un capro espiatorio. L’ultimo episodio, quello di Umberto Toia, punto di riferimento del gruppo di tifosi bianconeri Tradizione (composto da ex Fighters e Antichi Valori), preso a sprangate nella notte tra il 23 e il 24 dicembre davanti al suo bar Black & White, è la punta di un iceberg il cui immenso corpo sommerso tutti conoscono e fingono di ignorare per convenienza.

Soldi e potere si difendono a suon di spranghe e coltelli

Già nel 2007 la Digos nel retro di questo stesso bar di Grugliasco, comune nella cintura ovest di Torino, aveva sequestrato mazze e bastoni che sarebbero stati impiegati in una “faida interna”. Solo due anni prima erano stati arrestati con l’accusa di tentato omicidio tre ragazzi del gruppo dei Drughi per avere massacrato di botte l’allora leader dei Fighters, nella violentissima guerra per la spartizione del potere nella Curva Scirea dell’ex Stadio delle Alpi: una battaglia tuttora in corso anche nel nuovo Juventus Stadium, dove oggi siedono in alto i Drughi e in basso i Tradizione. Una guerra di posizione, con spranghe e coltelli, che ricorda quando all’Olimpico di Roma gli As Ultras scacciarono dalla Curva Sud i Cucs. E molte altre situazioni simili, dal nord al sud della Penisola. E dove ovviamente il movente di queste faide interne tra gruppi organizzati di tifosi, al di là di ciclici ricambi generazionali, non è certo la posizione privilegiata in un certo settore della curva per guardare la partita, quanto piuttosto il controllo di attività economiche gestite, spesso e volentieri, di concerto con le società.

Merchandising e negozi ai confini della legalità

Si parte dal merchandising più o meno legale, sia ufficiale attraverso l’apertura e la gestione dei negozi online o degli store presenti fisicamente sul territorio, sia quello taroccato grazie all’intoccabilità dei vari banchetti che contornano gli impianti italiani. Poi c’è la gestione delle trasferte, tramite pulmini o charter a seconda dell’importanza della squadra, fino alla vendita dei biglietti. E in qualche caso anche l’affitto delle sedi sociali dei gruppi è a carico della società. E non solo i club favoriscono questo commercio parallelo, se è vero che gli stessi Ultras Italia, gruppo di tifo organizzato di estrema destra che dal 2001 segue la nazionale italiana, posseggono negozi di merchandising online e gestiscono la vendita di parte dei biglietti, tagliandi che in qualche modo provengono direttamente dalla Figc, quindi dai piani più alti del poterepallonaro. Quantificare il giro d’affari delle curve è impresa improba. Qualche anno fa, l’ad del Milan Adriano Galliani disse che le tifoserie organizzate sottraggono ai club almeno il 50 per cento del ricavo da merchandising, quindi un mancato guadagno di circa 3-4 milioni di euro l’anno per il Milan, e un utile per questi gruppi organizzati che per difetto va individuato in almeno qualche centinaia di migliaia di euro l’anno. Le parole di Galliani furono pronunciate all’indomani della denuncia per estorsione fatta dallo stesso Milan contro alcuni ben noti capi ultrà. Una denuncia quasi dovuta, dato che la procura di Monza stava indagando sui rapporti tra club e tifosi dopo la gambizzazione di un capetto nell’ennesima faida interna seguita allo scioglimento della Fossa dei Leoni, forse il primo gruppo ultras nato in Italia nel lontano 1968, e storicamente orientato a sinistra, poi confluito negli apolitici o destrorsi Guerrieri Ultras Curva Sud.

Il capo tifoso denunciato con libero accesso a Milanello

Mentre le guerre intestine per il controllo della curva rossonera continuano anche oggi, uno dei più importanti capi tifosi denunciati all’epoca da Galliani, era il 2007, oggi ha libero accesso a Milanello, sede di allenamento della squadra rossonera, e un rapporto privilegiato con i giocatori e la società. Tanto quanto Umberto Toia, il boss del gruppo bianconero Tradizione preso a sprangate la vigilia di Natale e nel cui bar sei anni fa la Digos trovò spranghe e coltelli, che l’anno scorso era in campo con i giocatori della Juve a festeggiare la Supercoppa, arrivando addirittura a sollevare il trofeo al fianco di Bonucci. Inoltre, come spiegano Simone Di Meo e Gianluca Ferraris nel loro libro Pallone Criminale, partendo dalla loro conoscenza del clan dei casalesi, i rapporti tra tifo organizzato e società di calcio non si esauriscono nella mera concessione di biglietti, merchandising e organizzazione di trasferte, ma spesso e volentieri alcuni gruppi sono i referenti sul territorio di quei clan che, soprattutto nelle serie minori, gestiscono il calcio come portatore di consenso politico e affaristico.

Mafia e pallone La scalata degli Irriducibili

Basta vedere l’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma sulle infiltrazioni dei casalesi nel tentativo di scalata alla Lazio avvenuto nel 2005 in cui alcuni dei capi del gruppo ultras degli Irriducibili avrebbero avuto, secondo gli inquirenti, un ruolo decisivo, tanto da chiederne condanne fino a otto anni di reclusione. Anche gli Irriducibili, gruppo che si è conquistato l’egemonia della Curva Nord laziale alla fine degli anni Ottanta a discapito prima dei Viking e poi degli Eagels, arrivando ad avere canali preferenziali con la società ai tempi della gestione Cragnotti, prima del recente scioglimento avevano una connotazione politica spinta all’estrema destra. Perché è decisamente di colore nero il filo che unisce le società di calcio e i gruppi di tifosi organizzati nella gestione anche economica del consenso, intorno alle squadre e nel territorio, e che riporta la parola Ultras più vicino alla propria etimologia, agli ultrarealisti: i difensori del re, del suo potere e della corruzione che lo mantiene.

Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2013