Giustizia & Impunità

Trattativa, Brusca: “Nel ’94 Mangano doveva incontrare Berlusconi a Palermo”

L'uomo che negli anni '70 aveva lavorato per lui ad Arcore come stalliere doveva riferire al Cavaliere le richieste che Cosa Nostra vuole affidare al suo nuovo governo, che da lì a poco vincerà le elezioni a sorpresa. I due si sarebbero incontrati vicino alla trafficatissima circonvallazione cittadina in scantinato lontano da occhi e orecchie indiscrete

Palermo, campagna elettorale 1994, ristorante vicino alla trafficatissima circonvallazione cittadina, scantinato lontano da occhi e orecchie indiscrete. È qui che si sarebbe tenuto il vis-a-vis tra Silvio Berlusconi, candidato premier di Forza Italia, e Vittorio Mangano, l’uomo che negli anni ’70 aveva lavorato per lui ad Arcore come stalliere. Solo che questa volta i cavalli non si sarebbe parlato di cavalli: Mangano ha già parlato con Marcello Dell’Utri e adesso deve riferire al Cavaliere le richieste che Cosa Nostra vuole affidare al suo nuovo governo, che da lì a poco vincerà le elezioni a sorpresa.

Nella seconda giornata della sua deposizione all’aula bunker di Milano, dove fino a domani sarà interrogato nel processo sulla Trattativa Stato – mafia, Giovanni Brusca riavvolge indietro di vent’anni il nastro della recente storia italiana, e tira fuori il racconto quasi inedito (ne ha fatto finora cenno solo in un verbale d’interrogatorio) sull’incontro che si sarebbe dovuto svolgere tra l’ex stalliere di Arcore e l’allora candidato premier, in visita a Palermo per la campagna elettorale. Mandante di quell’incontro: Leoluca Bagarella. “Un giorno – ha raccontato il pentito alla corte d’Assise di Palermo in trasferta nel bunker milanese – mentre mi trovavo a Partinico, lessi su L’Espresso un articolo che parlava dei rapporti di Vittorio Mangano con Dell’Utri, Berlusconi e Confalonieri. Così ne parlai a Bagarella e decidemmo di chiedere a Mangano, che era il reggente del mandamento di Porta Nuova, se poteva portare le nostre richieste a Dell’Utri e Berlusconi”.

Dopo i rapporti in bianco e nero degli anni 70 e 80, i corleonesi avevano già tentato di arrivare ad Arcore, qualche anno prima della discesa in campo del cavaliere: è il 1991 e l’obbiettivo di Riina è usare Berlusconi come passpartout per agganciare Bettino Craxi. ”All’inizio degli anni ’90- ha spiegato il boss di San Giuseppe Jato – è venuto meno il riferimento di Andreotti, l’intento di Pino Lipari era di dare vita a un movimento politico di imprenditori, un progetto che condividevo completamente. L’obiettivo era acquisire il potere politico, prima in Sicilia e poi a livello nazionale”. Un progetto che avrebbe dovuto portare Cosa Nostra direttamente sulla scena politica, e che passava anche dall’aggressione violenta agli esponenti degli altri partiti. “A questo fine avevamo progettato di indebolire la sinistra e avevamo individuato in Carlo De Benedetti il sostenitore della sinistra. Parlando con Riina, c’era il progetto, mai concretizzato, di eliminare questo ostacolo per indebolire quella parte politica e concretizzare il progetto politico”.

In contemporanea parte il nuovo assalto ad Arcore “Nel 1991 – ha continuato Brusca – c’era l’interesse a contattare Dell’Utri e Berlusconi per poter arrivare arrivare a Bettino Craxi, che ancora non era stato colpito da Mani Pulite, perché intervenisse sulla Cassazione per la sentenza del maxiprocesso”. La stagione delle bombe, l’omicidio di Salvo Lima e le inchieste della procura di Milano però iniziano ad alterare completamente il quadro politico nazionale. Ed è per questo che nel 1993, Brusca si ricorda, leggendo un’inchiesta dell’Espresso, degli antichi rapporti tra Mangano e Villa San Martino. Riina è finito nella rete dei carabinieri già il 15 gennaio, ma i suoi luogotenenti sono ancora tutti in circolazione, agli ordini di Bagarella e dello stesso boss di San Giuseppe Jato. Che come moneta di scambio da offrire a Dell’Utri pensa bene di utilizzare gli stessi misteri della Trattativa avviata già l’anno prima con esponenti delle istituzioni.

“La sinistra, a cominciare da Mancino, ma tutto il governo, in quel momento storico, sapeva quello che era avvenuto in Sicilia: gli attentati del ’93, il contatto con Riina. Sapevano tutto. Che la sinistra sapeva lo dissi a Vittorio Mangano quando lo incontrai. Gli dissi anche: i servizi segreti sanno tutto ma non c’entrano niente. Mangano comprese e con questo bagaglio di conoscenze andò da Dell’Utri”. L’incontro tra l’ex stalliere, che nel frattempo aveva scalato le gerarchie dentro Cosa Nostra fino a diventare reggente del mandamento di Porta Nuova, e l’inventore di Forza Italia sarebbe avvenuto – secondo Brusca – in un ufficio milanese, sede di una società di pulizie che lavorava in Fininvest. Mangano porta a Dell’Utri le richieste di Cosa Nostra: prima tra tutti l’attenuazione del carcere duro per detenuti mafiosi. “Una decina di giorni dopo ci ritrovammo con Bagarella, a Partinico, e Mangano ci disse che aveva parlato con Dell’Utri e che lui era molto soddisfatto di quest’incontro. Ovviamente il nostro obiettivo era arrivare a Berlusconi”. Ed è per questo che – a sentire Brusca – Mangano prova a spingere sull’acceleratore per tornare al cospetto del Cavaliere. “Successivamente Mangano fece sapere ai vertici di Cosa Nostra che Berlusconi era atteso a Palermo per un comizio, credo per le politiche del ’94, e il capo del mandamento di Porta Nuova propose come luogo dell’incontro un ristorante sulla circonvallazione di Palermo: l’incontro avrebbe dovuto tenersi nello scantinato di questo ristorante, per ragioni di privacy, ma non so se avvenne davvero”. Se quell’incontro tra B e Mangano si sia mai tenuto non è quindi dato sapere: lo stesso Brusca non fa cenno a notizie ricevute in merito, nei mesi successivi. È un fatto però che Mangano incontra Dell’Utri a Milano per ben due volte nel novembre del 1993: Forza Italia è già pronta è dopo meno di cinque mesi vincerà a sorprese le elezioni politiche.

Twitter: @pipitone87