Cronaca

Arresti no Tav, attacchi contro cantiere richiamano anarchici da tutta Italia

Sono nati fuori dal capoluogo piemontese e lontani dalla Val di Susa i quattro militanti che dovranno rispondere di attentato con finalità di terrorismo. Gli investigatori stanno ancora cercando di risalire all’identità di altri quattro uomini e altre sei donne che hanno partecipato alle azioni

Vengono da fuori ma ruotano tutti attorno alla casa occupata di via Lanino o l’“Asilo occupato” di via Alessandria a Torino gli anarchici arrestati lunedì mattina all’alba dalla Digos di Torino e quella di Milano per l’attacco al cantiere Tav nella notte tra il 13 e il 14 maggio scorso.

Sono nati fuori dal capoluogo piemontese e lontani dalla Val di Susa, fatto che dimostra come gli attacchi contro l’opera richiamino gli anarco-insurrezionalisti di tutta Italia. Le accuse dei sostituti procuratore Andrea Padalino e Antonio Rinaudo nei confronti degli arrestati sono gravi. Per la seconda volta in pochi mesi, dopo le perquisizioni di luglio, i pm contestano reati legati al terrorismo e all’eversione. In quell’occasione a finire nel registro degli indagati erano stati esponenti dei centri sociali torinesi, da Milano arriva invece Mattia Zanotti che la Digos milanese “attenzionava” da tempo: “Risulta in assiduo contatto con anarco-insurrezionalisti milanesi che incontra regolarmente nei locali del centro ‘La Mandragola’, ubicato in via Bramantino accanto ad ‘Il posto’ luogo di ritrovo dei redattori dell’opuscolo anarchico ‘Nonostante Milano”, e con i quali condivide l’impegno nella lotta contro l’alta velocità”, si legge nell’ordinanza in cui il gip Federica Bompieri riporta le annotazioni della polizia. Zanotti, cresciuto a Crema, frequentava qui lo “Spazio popolare la Forgia”. Poi, una volta a Milano per studiare all’università, ha cominciato a frequentare la “Panetteria occupata” ed è diventato uno dei principali esponenti dell’Assemblea degli studenti di Scienze Politiche, per poi avvicinarsi agli ambienti anarchici come redattore di “Radio Cane” e di alcune riviste dell’area come “Nonostante Milano” e “La Lavanda”, il foglio con cui sono state rivendicate alcuni attacchi e sabotaggi al cantiere e alle ditte.

Tre anni fa è arrivata da Teramo Chiara Zenobi. La notte tra il 13 e il 14 maggio aveva il compito di coordinare le auto che dovevano recuperare gli assalitori dopo gli attacchi. Nella sua scheda risultano moltissime denunce per “reati commessi non solo a Torino, ma anche a Trento, a Teramo e provincia (sua terra natale)”, si legge ancora nell’ordinanza. Viene da Pesaro, ma è stabile a Torino, Nicolò Blasi, che avrebbe operato nel gruppo “Marmotte” insieme al quarto arrestato, Claudio Alberto. “Allo stato risulta che il giovane frequenti abitualmente il posto abusivamente occupato dalla citata componente anarchica denominato ‘Asilo’”, annota la Digos su Blasi.

Gli investigatori stanno ancora cercando di risalire all’identità di altri quattro uomini e altre sei donne che hanno partecipato alle azioni. Alcuni di loro sarebbero gli accompagnatori, altri le vedette di guardia, altri ancora i componenti del gruppo “Marmotte”, quello “Rc”, e del gruppo soprannominato “Trento”. Non è dato sapere se si tratti di anarchici di Rovereto. Per ricostruire i legami e gli intrecci è stato necessario un lavoro coordinato della Digos di Torino coi colleghi di Milano e con l’Ucigos, l’Ufficio centrale che coordina le varie Digos in Italia. Un apporto importante è arrivato dalla polizia di Bologna che, nell’ambito di un’indagine su un traffico di droga, ha intercettato per caso delle schede Sim di persone attive in Val di Susa nella notte tra il 13 e il 14 maggio scorso. In queste conversazioni erano emersi riferimenti alla Val Susa e quindi i brogliacci di 48 telefonate e 44 sms sono stati inviati a Torino. Le otto schede sim utilizzate nelle comunicazioni, e intestate a persone inesistenti, erano tutte state comprate alcuni mesi prima in alcuni negozi di Milano e Roma, poi sono state ricaricate il 1° maggio, giorno in cui ci sono stati degli “squilli” per far sì che gli utilizzatori potessero memorizzare i numeri. Dopo la ricarica sono state usate solo a ridosso dell’attacco, prima e dopo, per coordinare gli spostamenti. Dopodiché più nulla. Il trucco doveva servire a evitare le intercettazioni, come consigliato dal libro “Ricette per il caos – Manuale di guerriglia urbana”, ma – sfortunatamente per loro – non è stato utile.