Media & Regime

Grillo al V3day, un discorso ‘oltre’ l’antipolitica e il populismo

“Non ho detto neanche una parolaccia fino ad ora, chissà come ci rimarranno male quelli delle televisioni”. Dopo neanche cinque minuti dall’inizio del suo intervento Grillo pone l’attenzione sul suo linguaggio moderato. Le parolacce poi ci sono state, altrimenti non si chiamerebbe V(affa) Day, ma questa battuta sintetizza un cambio di marcia che effettivamente è avvenuto nella comunicazione di Grillo.

In armonia col titolo di questo V3dayOltre” anche la comunicazione di Beppe Grillo è andata oltre.

Oltre l’antipolitica. Grillo è sempre stato accusato di fomentare coi suoi discorsi un sentimento di antipolitica privo di proposte. Ci sono stati attacchi ai politici certo “i politici sono vigliacchi, daremo loro l’estrema unzione” ha urlato mantenendo il tema funerario iniziato da Berlusconi nel discorso sulla decadenza. Dopo questo accenno di antipolitica ha però condotto una giornata di costruzione politica vera e propria, con proposte concrete e l’intervento di esperti internazionali su temi come l’economia, l’ambiente, la giustizia, le telecomunicazioni.

Il leader del M5s si è avvalso di una serie di slide per elencare sette punti per l’Europa, compreso il referendum sull’uscita dall’euro. Ha poi argomentato con grafici sull’aumento del debito pubblico e l’abbassamento del Pil dall’ingresso dell’Italia nell’Euro. Alla luce di queste proposte concrete, condivisibili o meno, non possiamo negare che le sue argomentazioni siano andate oltre l’antipolitica.

Oltre il populismo. Grillo e Casaleggio sono andati oltre il populismo, o meglio, utilizzando una strategia comunicativa molto astuta hanno cambiato l’accezione del termine populismo. Nei loro interventi hanno entrambi ammesso di essere populisti ma non nel senso comunemente inteso di demagogia pacchiana e antielitaria, piuttosto come ha detto Casaleggio nel suo breve intervento “sono orgoglioso di essere un populista insieme a decine di migliaia di populisti” nel senso di vicinanza, somiglianza al popolo al quale devono tornare gli strumenti della democrazia. Il discorso di Casaleggio è stato breve ma ci svela quelle che a mio avviso possono essere le origini della sua ideologia. Per questi approfondimenti fuori dal tema e altre curiosità sulla comunicazione vi invito sulla mia pagina Facebook.

Oltre Berlusconi. Grillo ha dimostrato di guidare un movimento di proposta e non di protesta evitando di nominare il suo storico nemico Berlusconi. Lo hanno fatto Dario Fo e i parlamentari dagli stand in piazza, non il leader. Dal punto di vista della comunicazione condivido questa scelta. Un leader che festeggia la (de)caduta di un avversario trasmette debolezza e mostra di aver provato paura. Un esempio storico di questo atteggiamento è narrato da alcuni soldati di Napoleone i quali mentre festeggiavano dopo la vittoria di un’importante battaglia guardavano il loro leader in disparte mentre già progettava silenzioso la sua prossima battaglia senza prendere parte ai festeggiamenti. 

Ho parlato dei contenuti del discorso di Grillo, ciò che in comunicazione viene chiamato verbale. La comunicazione è composta anche da un’importante parte non verbale: i gesti, il tono, il ritmo della voce. In questo non è cambiato nulla. Giustamente.

La modalità non verbale usata da Grillo è la più efficace in piazza. I leader della prima metà del ‘900 facevano allo stesso modo: ritmo regolare, alternato fra piano e forte. Grillo parte forte, voce alta, esplode in urla e poi la calma. “Mi devo calmare” dice piano dopo aver urlato a squarciagola “la rivoluzione l’abbiamo già fatta ora dobbiamo dare l’estrema unzione ai partiti” e adotta un tono basso per qualche minuto prima di reinfiammarsi.

Alternare alti e bassi come fa Grillo si rivela efficace per precisi motivi psicologici. I toni forti, penalizzanti, le urla catturano la nostra attenzione e ci trasmettono adrenalina. Tuttavia se queste penalizzazioni vengono prolungate subiamo un cortocircuito. La nostra soglia di sopportazione viene superata e per difesa smettiamo di riconoscere come autorità (come accade con un padre) l’oratore. Se l’oratore invece, come nel caso di Grillo, ci fornisce regolarmente gratificazioni, carezze, abbassando il tono e usando un linguaggio più dolce riequilibra le nostre emozioni e tiene viva la nostra attenzione. Continuiamo così a riconoscergli autorità, non lo vediamo come un tiranno. 

Dopo il suo discorso Grillo è tornato sul palco al termine di ogni intervento degli altri ospiti. Grillo non saliva solo per presentare i relatori ma per continuare questa alternanza di emozioni, risollevando il livello di adrenalina con altri piccoli brani al termine degli interventi, molto più calmi del suo, che si susseguivano sul palco e rischiavano di abbassare gli entusiasmi. In questo caso gli ospiti fornivano le gratificazioni, la calma e Grillo ridava la scossa. In alcuni casi si è persino messo a cantare con un gruppo rock che lo accompagnava.

Questa gestione delle emozioni richiede grande esperienza e la capacità di sentire la piazza. Abbiamo visto che Grillo ha sempre il polso dell’uditorio: si ferma per constatare che quando pronuncia certe parole riceve determinare reazioni. Ad esempio quando attacca Equitalia parte l’appaluso, lo nota e si ferma; quando il pubblico urla in coro “tutti a casa” lui si ferma e lo ripete.

Riferendosi ai parlamentari del Movimento dice “mi hanno superato” e forse ci spiega perché nonostante l’affetto diffuso nei loro confronti nessuno di loro è salito sul palco quando dice “ci sono quelli bravi nella comunicazione, quelli più timidi”. Niente di personale, ha mandato i video di alcuni loro interventi prima dell’inizio dell’inizio del V3day e ne ha parlato con sincera ammirazione durante il discorso. Ma la comunicazione di chi rappresenta il Movimento durante la campagna elettorale richiede standard che lui mantiene altissimi. È innegabile comunque che fra gli eletti si stiano mettendo in mostra dei talenti ai quali presto potrà essere concesso più spazio.