Cronaca

Donna incinta uccisa, Palazzo Chigi condannato a risarcire la madre

Jennifer Zacconi era stata sepolta viva nel 2006, al nono mese di gravidanza, da un uomo con cui aveva avuto una relazione. L'omicida, condannato a 30 anni di carcere, non è in grado di pagare la provvisionale di 80mila euro. Secondo una direttiva europea, a sborsare la somma deve essere lo Stato

L’omicida non può pagare, lo faccia la Presidenza del Consiglio. Così ha deciso il giudice civile di Roma in merito alla vicenda di Jennifer Zacconi, la ragazza 22enne uccisa nel 2006 dal padre del bambino che portava in grembo. Palazzo Chigi dovrà risarcire con 80mila euro la madre della vittima: lo Stato si è dimostrato inadempiente rispetto a una direttiva europea che lo obbligava a pagare l’indennizzo nel caso il colpevole del reato non possa sostenere il risarcimento.

Jennifer Zacconi, 22 anni, di Olmo di Martellago (Venezia), era stata uccisa al nono mese di gravidanza da Lucio Niero, un uomo sposato che aveva avuto una relazione con la ragazza. L’uomo l’aveva aggredita a calci e pugni e aveva tentato di strangolarla. Poi aveva buttato la giovane, ancora viva, in una buca e l’aveva coperta di terra: secondo i risultati dell’autopsia, la giovane era morta per avere respirato una grande quantità di fango. Niero era stato condannato a 30 anni di carcere e a pagare una provvisionale di 80mila euro alla madre di Jessica, Anna Maria Giannonee di 85mila euro ad altri suoi congiunti.

Anche dall’ammissione di Niero al gratuito patrocinio era, però, emersa la sua impossibilità di liquidare la somma. Da qui la richiesta della madre e del nonno di Jessica, assistiti dagli avvocati Claudio Defilippi e Debora Bosi, di condannare la Presidenza del Consiglio e il ministero della Giustizia per la mancata attuazione della direttiva europea 80 del 2004 che conferisce “alle singole vittime di reati intenzionali violenti, alle quali non sia stato possibile conseguire il risarcimento del danno del reo, il diritto a percepire dallo Stato membro di residenza l’indennizzo equo e adeguato”. Il risarcimento è stato concesso alla madre di Jessica, non al nonno, mentre la Presidenza del Consiglio, non il ministero, è tenuta al risarcimento perché gli spetta “la responsabilità per l’attuazione degli impegni assunti nell’ambito dell’Unione europea”.