Diritti

Migranti, quei bambini arrivati e spariti nel nulla

Ci sono i bambini dell’11 ottobre, del disastro, degli uomini in mare. Delle sei ore acqua, delle urla, dei soccorsi. I bambini separati da due isole, inghiottiti dai giorni trascorsi. I loro nomi sono giaculatorie negli appelli dei padri, sono i bambini delle madri scomparse. Di quel barcone capovolto l’11 ottobre, tra Malta e Lampedusa. Non c’è ancora una lista aggiornata dei sopravvissuti, è tutto molto confuso, con i siriani alle frontiere arabe che chiedono, insistendo, dove sono i bambini. Sono vivi?

Alaa, giovanissimo padre aspetta Maram di 18 mesi. Durante le ore in acqua, Alaa e la moglie sorreggevano Maram, perché non gelasse in acqua. Una prova di forza, il loro ostinato martirio per salvarla, poi Maram è andata verso la Sicilia, su una motovedetta italiana. I genitori sono a Malta, dove sono stati identificati e quindi qui devono restare. Alaa non può muoversi, non può agire, cerca la bambina, ha con sé i documenti per dimostrare la sua paternità. Da Save the children spiegano che le procedure in atto intendono escludere il rischio che i bambini vengano dati in adozione senza una verifica vera della presenza in vita dei genitori, identificazione e procedure rapide, promettono da Save the children, che pure conferma il numero di sei orfani (gli unici sei sopravvissuti all’11 ottobre), al momento ospiti di una casa di accoglienza in Sicilia, ma non si ritiene utile fornire i loro nomi, dicono da Save the children, per ragioni di sicurezza, così come consigliato dal Tribunale dei minori.

Non possiamo ancora dire se tra i sei ci sia anche Maram. Sono desaparecidos, non compaiono in alcuna lista. I genitori tentano di trovarli diffondendo le loro foto attraverso siti e social network, come le due immagini che pubblichiamo. Una ritrae Alaa con la figlia di 18 mesi, Maram. L’altra Chirihan di 6 anni, Nurhan (8 anni) e Randa (10 anni): sono tre dei quattro figli (manca Selsbil di 2 anni) di un medico siriano, identificato a Malta. Si chiama Wahid Hassan Yosef, arrivato l’ 11 ottobre. Fonti non istituzionali lo hanno avvertito che le figlie si troverebbero a Lampedusa, forse. Wahid di Damasco ha perso notizie anche della moglie. Vivevano in Libia dal 1998, dove pensavano di trovare un Paese tranquillo non il caos consegnato alle milizie. Dice che avrebbe voluto morire lui in quella barca partita da Zwara.

Ora si trova nel campo profughi di Hal Far, un ex caserma a 10 chilometri da La Valletta. Aisha, la moglie di Alaa, ha riconosciuto la figlia, Maram, in alcune immagini video provenienti da Lampedusa, ad Hal Far nel frattempo si prende cura di un’orfana di cinque anni. Il dottor Mohannad è detenuto nello stesso campo, cerca la piccola Nahel 8 mesi e Mhammad 7 anni. Non si hanno notizie nemmeno di Maruwa Awad, di 10-12 anni. “C’è un impegno altissimo per tutelare il più possibile i bambini sopravvissuti”, assicura Carlotta Bellini, responsabile del Dipartimento Protezione per Save the children. “Dobbiamo evitare la fuga di notizie che possano nuocere all’iter già avviato per identificazione e ricongiungimento”.

Non si ha certezza nemmeno del numero dei naufragi, si cercano una madre e un figlio, forse annegati nelle acque tra Malta e Catania, il 12 ottobre, lei si chiama Randa Habib e il bambino Majed Alabbar, il marito della donna, Taher, è in un centro di accoglienza per immigrati irregolari, a Malta. Il naufragio risale al 12 ottobre: è stato verificato? C’è una lista dei sopravvissuti riferita a quella data? Cercate di capire il tipo di allarme precisano a più riprese da Save the children. Con un obiettivo: evitare che i bambini finiscano nel mercato nero delle adozioni.

da Il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2013