Cronaca

‘Ndrangheta a Milano, torna libero il presunto boss di Buccinasco

La Corte d'Appello di Milano ha accolto il ricorso del legale di Domenico Barbaro che da oggi può ritornare nel suo luogo di residenza

E via un altro. Dopo la scarcerazione di Domenico Papalia e di Antonio Perre, la squadra dei presunti mafiosi alla milanese, perde un altro dei suoi capitani. Oggi, infatti, la Corte d’Appello di Milano ha accettato il ricorso del legale di Domenico Barbaro, 76 anni, ritenuto dalla Procura, uno dei capi della ‘ndrangheta che, negli ultimi anni, ha comandato in Lombardia. Soprannominato l’Australiano, Mico Barbaro finisce in carcere nel luglio 2008 con l’accusa di associazione mafiosa. E’ l’inchiesta Cerberus sulle cosche e il monopolio del movimento terra. Gli agenti del Gico arrivano a Buccinasco. I giornali del giorno dopo racconteranno degli eredi del potente clan Papalia. In carcere finisce, infatti, anche Salvatore Barbaro genero del superboss Rocco Papalia. Dalle carte di quell’indagine emerge una vecchia lettera inviata dal padrino Mico Papalia allo stesso Barbaro e dove ilo capo dei capi della ‘ndrangheta di Platì si complimenta con l’Australiano per essere stato insignito del fiore, simbolo del comando mafioso.

Dal 2008 Mico Barbaro resterà in carcere, ricevendo un’ulteriore ordinanza per mafia (inchiesta Parco sud). Oggi la scarcerazione. Dopo dopo che alle 15 il tribunale di Milano ha inviato un fax al legale Giampaolo Catanzariti per comunicare l’accoglimento del ricorso. Il legale del presunto boss ha preso spunto dal ricorso fatto e accolto per Antonio Perre, difeso da Amedeo Rizza. Nel 2012, Barbaro aveva ottenuto la libertà per il processo Cerberus, il cui appello bis (dopo la bocciatura in Cassazione) è stato confermato da pochi giorni. Restava in carcere per l’indagine Parco sud, anche questa annullata con rinvio dall’Alta corte. Ora, però, anche per questo processo sono scaduti i termini di custodia. Non solo per l’associazione mafiosa, ma anche per i reati satelliti (armi e favoreggiamento della latitanza di Paolo Sergi).

Accogliendo l’istanza dell’avvocato Catanzariti, la terza sezione della Corte d’Appello (presidente del collegio Arturo Soprano) ha chiarito che “quanto al reato associativo si osserva che è venuta meno la doppia decisione”, di primo e secondo grado, “sulla responsabilità dell’imputato”. Con la conseguenza, scrivono i giudici, “che per tale ipotesi il termine massimo di fase” per la custodia cautelare “sarebbe pari a due anni” ed è “ampiamente decorso”. Per i reati ‘fine’, invece, la condanna definitiva per Barbaro è di entità inferiore rispetto al periodo già passato in carcere. Quindi anche in questo caso, secondo i giudici, i termini di custodia sono ampiamente scaduti.