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Doping, agenzia mondiale annuncia ispezione a sorpresa contro la Giamaica

L'obiettivo della Wada è capire come mai la Jadco non abbia mai sottoposto ad esami nessun atleta giamaicano nei sei mesi precedenti le Olimpiadi di Londra 2012, quindi lontano dalle gare. L'accelerazione dopo la denuncia di Renee Anne Shirley, ex responsabile dell'antidoping del Paese caraibico

La Wada (agenzia antidoping mondiale) ha annunciato che provvederà ad una “ispezione straordinaria” nei confronti della Jadco (agenzia antidoping giamaicana) per capire come mai nei sei mesi precedenti le Olimpiadi di Londra 2012 nessun atleta giamaicano sia stato sottoposto ai test antidoping lontano dalle gare. L’ispezione fa seguito alla denuncia di Renee Anne Shirley, ex responsabile della Jadco, ed è un atto più che dovuto alla luce della recente squalifica per assunzione di sostanze proibite di ben cinque velocisti giamaicani che hanno partecipato a Londra 2012, tra cui le stelle Asafa Powell, Sherone Simpson e Veronica Campbell-Brown. Una notizia che assume contorni inquietanti se si pensa che oggi il doping di nuova generazione è assunto proprio nei mesi precedenti le gare, e quasi mai durante le competizioni.

La Jadco si difende sostenendo che i suoi atleti sono tra i più controllati al mondo, e in effetti la percentuale è più alta rispetto ai loro colleghi americani. Per esempio il campionissimo Usain Bolt è uno degli atleti più sottoposti a controlli: nel 2012 la Iaaf (federazione mondiale di atletica) lo ha testato 12 volte (5 fuori dalle competizioni), l’agenzia britannica una volta durante gli allenamenti preolimpici di Birmingham e poi di nuovo 3 volte dopo le medaglie olimpiche. Quello che manca però, a lui e agli altri atleti giamaicani, sono i test della Jadco nei mesi caldi, ovvero come recita il comunicato della Wada, “nei mesi che vanno da gennaio a giugno del 2012, dove sono stati condotti solo 10 test a marzo e uno ad aprile, e al computo ne mancano almeno 60”. La Jadco ha risposto che effettivamente dei 179 test antidoping fatti agli atleti nel 2012 (e quindi anche dopo le Olimpiadi) ben 108 erano durante le gare.

Non è la prima volta che la Jadco finisce nell’occhio del ciclone, già nel 2010 la Wada ne aveva chiesto lo scioglimento perché nel board era presente anche il boss della federatletica giamaicana: un chiaro conflitto di interessi tra controllato e controllore. Oggi poi la dichiarazione della Wada a seguito della denuncia di Shirley, e la comunicazione che questa ispezione urgente e straordinaria non potrà essere effettuata prima del 2014 per il veto posto proprio dalla Jadco, che si è trincerata dietro una supposta volontà del primo ministro giamaicano, fanno aumentare i sospetti. E nel caso siano riscontrate irregolarità la sanzione può andare dall’ammenda pecuniaria fino alla squalifica della Giamaica dalle Olimpiadi di Rio 2016.

E’ però giusto ricordare come non sia vero, come vorrebbe la vulgata comune, che i velocisti giamaicani siano esplosi tutti negli ultimi anni, implicando l’esistenza di un doping di stato. Già nel primo dopoguerra, dalle Olimpiadi di Londra 1948 in poi, i giamaicani hanno vinto diverse medaglie in pista. E da allora hanno continuato a vincere. A volte anche come oriundi sotto altre bandiere, dagli Stati Uniti al Canada. Anche Ben Johnson era giamaicano di cittadinanza canadese, e se è vero che è uno dei più celebri dopati, il luogo di nascita serve qui a sottolineare funzionalità della struttura muscolare giamaicana nella velocità, piuttosto che il doping, che si assume invece nelle accademie dove gli atleti si allenano. Come Johnson si allenava allo Scarborough Optimists canadese, così in Giamaica esistono diverse scuole in concorrenza tra loro. Ecco perché il doping di stato oggi non è più possibile. Detto questo, sarà la Wada a emettere il giudizio su eventuali coperture della Jadco.

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