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Calcio: l’Inter e le illusioni perdute

Per fare il punto sul momento particolare dell’Inter, dopo la caduta verticale del 5 ottobre con la Roma, mi ispiro al celebre romanzo di Balzac Le illusioni perdute che fotografa icasticamente il pesante ridimensionamento della squadra milanese. Una squadra modesta, almeno per i due terzi degli undicesimi, che potrebbe al massimo competere per un quinto o un sesto posto in campionato e non certamente per demerito del bravo allenatore Walter Mazzarri, ma per la debolezza costitutiva della formazione, sicuramente la più debole approntata dalla società negli ultimi anni, addirittura più debole di quella dello scorso campionato sotto l’egida di Andrea Stramaccioni.

Vi è inoltre una definizione del romanzo di Balzac, “la rassegnazione è una forma di suicidio quotidiano”, che scelgo come esergo del mio post per indicare da parte del sottoscritto la volontà di continuare a battersi per rendere migliore, nonostante la sordità della dirigenza, il futuro della squadra.

La lunga e complessa trattativa con la cordata Thohir per la necessaria acquisizione di nuova liquidità, sta, di fatto, sottraendo la dovuta attenzione al presente campionato. Da uomo e intellettuale libero quale presumo di essere, non posso fare a meno di denunciare tale impasse istituzionale che sta sprofondando la squadra sempre più in basso. Non solo, l’auspicio è anche quello che la svolta Thohir provochi una sorta di terapia shock, un licenziamento di massa di tutti i responsabili, tra i dirigenti, dell’attuale infelice rendimento della squadra. Oggi l’Inter è grossomodo tra il centesimo e il centoventesimo posto nel mondo, una formazione assolutamente periferica; dopo solo tre anni la dirigenza attuale è riuscita nell’impresa – dopo il conseguimento del primo posto nell’Europa e nel mondo – di farla regredire alla miseranda condizione attuale non solo per mancanza di liquidità, ma soprattutto per imperizia e incompetenza.

Basti riflettere sulla formidabile Roma del campionato attuale che è riuscita, dopo una campagna cessioni e acquisti fortemente in attivo, a trovare un equilibrio straordinario come squadra. Come ha dimostrato lo svolgimento della partita di San Siro, perduta senza attenuante alcuna, la rosa attuale dell’Inter è composta almeno per i due terzi da giocatori che solo eufemisticamente possono essere definiti inadeguati, qualcuno rientra addirittura nella tipologia che il lemma calcistico inappellabile chiama “brocco”. Si pensi all’esterno sinistro Pereira, pagato ben undici milioni di euro più tre di bonus al Porto, un vero e proprio bluff, un infortunio di mercato tra i più gravi tra i tanti perpetrati negli ultimi anni dalla dirigenza interista. Per non parlare della coppia centrale della difesa, Ranocchia e Jesus, totalmente inaffidabile nelle sue convulsioni nevrotiche.

L’auspicio, con l’attesa svolta Thohir, sarà l’allontanamento di quei dirigenti che hanno contribuito all’attuale miseranda situazione. Senza questo drastico rivolgimento, il futuro dell’Inter è destinato a diventare sempre più grigio, una condizione di squallido anonimato che la renderà sempre meno competitiva nei rating nazionale e internazionale.

Non vi è più tempo da perdere, se ne è già perso anche troppo. Non posso accettare argomentazioni come le seguenti: “Abbiamo aperto un grande ciclo”, dimenticando che questo è avvenuto dopo diciassette anni di insuccessi nazionali e dopo quarantacinque di sconfitte internazionali. Sembra, come per tutti gli eserciti vocazionalmente perdenti, che la misura del tempo, nella dirigenza interista, sia l’eternità. Proprio contro queste argomentazioni ho scelto l’esergo di Balzac, la rassegnazione è una forma di suicidio domestico; avendo compiuto da alcuni giorni 68 anni e dato che l’aspettativa di vita media di un uomo è quella di vivere tra i 78 e gli 80, non voglio rinunciare a battermi per una vittoria quanto più possibile vicina. Purtroppo i nemici interni dell’Inter sono molto potenti, ma anche se fossi l’ultimo interista con la mentalità vincente rimasto sulla terra, continuerò da solo la mia lotta senza mai rinunciare alla funzione di critica e di stimolo.