Emilia Romagna

Bologna, 600 studenti in piazza. “La crisi non la paghiamo. I politici? Tutti uguali”

Al grido di “Noi la crisi non la paghiamo” il corteo di protesta del collettivo Cas paralizzato il centro città. Uova e striscioni contro la sede Unicredit e l’azienda dei trasporti pubblici

Abbasso i politici, i banchieri e i trasporti pubblici. Va in scena per le vie centrali di Bologna il primo sciopero studentesco dell’autunno 2013 e il traffico in città va subito in tilt. Il collettivo Cas anticipa di un giorno la manifestazione nazionale della rete Stud Aut (il 4 a Bologna è festa del patrono) e raduna circa 600-700 studenti delle scuole superiori a pochi metri dalla stazione ferroviaria. Il corteo di protesta gira verso i viali di circonvallazione e zigzagando percorre veloce le arterie principali del centro senza aver comunicato alla Questura il percorso. “Noi la crisi non la paghiamo” gridano i ragazzi bolognesi. Ed il primo soggetto pubblico che merita una “punizione verbale” è Tper, l’azienda dei trasporti locale, rea di aver aumentato le tariffe delle corse dei bus. Un cartello appeso fuori dalla stazione delle corriere è un avviso in mora per l’azienda: “Noi i biglietti non li paghiamo”.

Facce dipinte, e coperte, con la maschera di Guy Fawkes: va in scena il V per Vendetta bolognese. Ribellione ed ideologia d’antan però si stemperano di anno in anno. Si passa così dal “noi andiamo dove ci pare” alla preoccupazione per “i genitori che pagano sempre più tasse e vengono licenziati dai posti di lavoro”. Protesta materiale che raccoglie il malcontento “su caro libri e trasporti, su presidi-sceriffi, banche e scuole a pezzi” e che sfocia in un imbrattamento dei muri della città con manifesti e colla proprio per rispondere in maniera provocatoria alla polemica sui writers e i graffiti, che ha visto la Procura di Bologna aprire due inchieste con l’ipotesi di danneggiamento aggravato senza escludere di poter seguire l’esempio di Milano contestando l’associazione a delinquere.

Bersagli preferiti di uova e manifesti appiccicati su vetrine e muri, le sedi Unicredit di via Marconi e via Ugo Bassi, come la biglietteria centrale di Tper. “Ci dà fastidio questo magna magna dei burocrati di Stato”, spiega una quindicenne che scatta decine di foto con l’iPhone, “Berlusconi e la fiducia al governo Letta? Sinceramente non ce ne frega nulla. I politici sono tutti uguali”.

Il corteo a serpentina si allunga e si ricompatta di continuo, ma tutto, compresi i fumogeni e le scritte proibite, rientra nella normalità delle proteste d’autunno. Solo qualche attimo di tensione quando una ragazzina blocca un’auto della municipale che vuole infilarsi in mezzo al corteo da una via laterale. Il vigile alla guida s’infuria: “Ragazzi, stiamo lavorando per voi”. E lei: “No, siamo noi a lavorare per voi”. Altre ragazze si siedono sul cofano, l’auto di pattuglia desiste e a marcia indietro si riposiziona da dove era venuta.

La manifestazione si è chiusa con l’occupazione di una palazzina comunale vuota da anni all’interno dei Giardini Margherita. Una piccola sega elettrica per aprire la porta, qualche fumogeno sul tetto e parecchie videocamere, questa volta della Digos, a riprendere il blitz: “Abbiamo preso questo spazio come atto di denuncia – ha spiegato il portavoce del Cas – Vogliamo far vedere che il Comune parla di militarizzazione e telecamere e lascia vuoti i posti che vanno rivitalizzati”.