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Vuelta 2013, Horner sfugge all’antidoping dopo la vittoria. La squadra: “Non è vero”

L'agenzia spagnola responsabile dei test non ha trovato l'atleta nell'albergo dove alloggiava. Ma RadioShack spiega: "I controllori hanno sbagliato albergo. Il nostro corridore ha comunicato il cambio di sede e ha anche ricevuto risposta". E minaccia denunce per violazione della privacy

Latitante al controllo antidoping dopo la vittoria alla Vuelta di Spagna. Chris Horner, il ciclista americano che aveva emozionato gli appassionati di tutto il mondo per il suo successo all’età di 42 anni, non si è presentato al test dell’Agenzia antidoping spagnola (Aea). Secondo il quotidiano iberico As, l’atleta non è stato trovato all’interno dell’albergo Princess Hotel di Madrid.

Il controllo è stato commissionato dall’agenzia statunitense (Usada), che ha dovuto attendere la fine della corsa a tappe spagnola, perché durante le competizioni i controlli possono essere effettuati solo da parte dell’Unione ciclistica internazionale (Uci). L’Usada voleva controllare il tasso di ematocrito del 42enne corridore statunitense. Ma Horner, il vincitore più anziano di una grande corsa a tappe, non era presente nella sua stanza d’albergo e nemmeno la sua squadra, la RadioShack-Leopard, ha saputo trovare una spiegazione alla sua “scomparsa”. L’irreperibilità di fronte ad un controllo rappresenta un reato grave e l’americano, già al centro di sospetti per la sua grande prestazione nella corsa spagnola, rischia una pesante sanzione, se non darà una spiegazione convincente.

“I responsabili dei controlli antidoping sono andati nell’hotel sbagliato”. E’ questa la spiegazione fornita dalla RadioShack sul caso Horner. I colleghi spagnoli dell’Aea si sono presentati nell’hotel dove alloggiava la squadra ed Horner non era lì. Sempre secondo la stampa i responsabili dell’antidoping spagnolo avrebbero visitato invano anche un secondo albergo. Secondo la RadioShack, il re della Vuelta ha cambiato il luogo della reperibilità prima dell’ultima tappa di ieri. Il corridore Usa avrebbe raggiunto la moglie in un altro albergo e avrebbe anche comunicato anche il nome del nuovo hotel e il numero di stanza. Per il team, insomma, si è trattato di un errore commesso dai responsabili dei controlli. Non solo.  Sul proprio sito, la squadra americana ha pubblicato anche l’email che Horner ha inviato ieri mattina all’Usada ottenendo dall’agenzia una risposta automatica: comunicazione ricevuta e archiviata. “Salve – si legge nella email spedita da Horner – finisco la Vuelta a Madrid oggi, 15 settembre, e domani, 16 settembre, parto per tornare a casa mia a Bend, nell’Oregon”.

Horner, inoltre, avrebbe comunicato anche l’albergo scelto nell’ultima giornata spagnola (l’Hotel Ciudad de Mostoles), il numero telefonico e quello della stanza occupata, la 314. Il corridore chiarisce: “Domani la mia finestra di un’ora” durante la quale è garantita la reperibilità per i test “sarà tra le 6 e le 7 del mattino a quell’indirizzo. Dal 17 settembre, fino ad un ulteriore aggiornamento, il mio indirizzo” sarà quello di Bend, negli Stati Uniti. Anche in questo caso, la finestra per i controlli è nell’orario compreso tra le 6 e le 7 del mattino. “Chris Horner ha aggiornato l’Usada e si è reso reperibile prima dell’inizio dell’ultima tappa dando all’agenzia il nome dell’hotel, il numero telefonico e quello della stanza per la finestra tra le 6 e le 7 del mattino. Tutto secondo le regole e Horner ha ricevuto una email di conferma” ha fatto sapere RadioShack. Gli ispettori dell’agenzia antidoping spagnola, che si sono mossi su richiesta dell’Usada, si sono presentati nell’albergo sbagliato: la squadra c’era, ma Horner ovviamente non era reperibile”. “Il team – conclude la RadioShack – ritiene che la comunicazione tra l’agenzia antidoping spagnola e i media costituisca una violazione della privacy di Chris Horner, soprattutto perché risulta evidente che si tratta di un chiaro errore di chi deve eseguire i controlli. La squadra chiede ai media di riportare correttamente quant’è accaduto e farà valere le proprie ragioni con le agenzie antidoping responsabili”.