Politica

Decadenza, Berlusconi: “Parola alla Consulta e stop ai lavori in Giunta elezioni”

Mario Monti apre alla grazia per il Cavaliere, "ma solo se lascia la scena politca". Violante (e Fioroni) insiste per il ricorso alla Consulta: "Occorre decidere dopo aver ascoltato le difese". E la strategia Pdl del prender tempo frutta i primi risultati: la seduta della Giunta per le elezioni in programma il 9 settembre non sarà decisiva

Affidare alla Corte Costituzionale il compito di sciogliere i dubbi sulla costituzionalità della legge Severino e sospendere i lavori della Giunta del Senato in attesa del pronunciamento della Consulta. E’ questa la strada che vuole battere il Pdl per garantire l’agibilità politica di Silvio Berlusconi, che al contempo presenterà ricorso alla Corte europea contro l’applicazione della legge Severino. Un piano svelato dal contenuto dei sei pareri pro veritate depositati oggi dai legali del Cavaliere alla Giunta per le elezioni del Senato. Sei relazioni (a firma dei giuristi Giovanni Guzzetta, Giorgio Spangher, Antonia Marandola, Roberto Nania, Gustavo Panzini e Nicolò Zanon, Beniamino Caravita e Giuseppe De Vergottini, con questi ultimi tre a presentare un testo unico), più un altro documento: una lettera scritta da Berlusconi in cui si annuncia il ricorso a Strasburgo.

E se la via giuridica per la salvezza dell’ex premier è tracciata, nuovi spiragli e prospettive arrivano anche dalla strada squisitamente politica.”Sì alla grazia, se Berlusconi si ritira dalla vita politica”. Parola di Mario Monti, ora solo senatore, ma fino a ieri firmatario, da premier, della legge anticorruzione ‘colpevole’ di voler far decadere il Cavaliere. Oggi, però, l’ex rettore della Bocconi spinge per la via d’uscita morbida dall’impasse, al pari di un altro ‘insospettabile’, quel Luciano Violante che, pur rispettando la linea del Pd, ha confermato che occorre “decidere dopo aver ascoltato le difese”. La questione è sempre quella: il rinvio alla Consulta della legge Severino-Monti sul caso Berlusconi per farne slittare la decadenza. 

“Guadagnare tempo”: la strategia del Pdl funziona
La strategia pidiellina del prender tempo per trovare una soluzione politica alla fine politica di Silvio Berlusconi, quindi, continua ad ottenere risultati. Uno su tutti: la seduta della Giunta per le elezioni e le immunità, in programma il 9 settembre, con tutta probabilità non sarà quella decisiva per mettere la parola fine sulla decadenza da senatore del Cavaliere. Un pronostico che fino a qualche giorno fa era difficile anche da immaginare. Il motivo dell’inversione di rotta? Il grimaldello giuridico del Pdl (l’incostituzionalità della legge Severino) continua a trovare sponde, non solo negli ex alleati del Pd ma anche in parlamentari di altri schieramenti. Un ponte, quello tra Pdl e avversari, rinvigorito dai pareri pro veritate dei giuristi di area Berlusconi. Sei, al momento, le relazioni depositate alla presidenza della giunta per le elezioni del Senato: tra queste, anche quella a firma dei costituzionalisti Beniamino Caravita di Toritto, Giuseppe de Vergottini e Nicolò Zanon, (componente laico del Csm in quota Pdl) e un’altra vergata dal professor Giorgio Spangher (componente del comitato scientifico dell’enciclopedia giuridica Treccani ha ricoperto lo stesso incarico al Csm). Il contenuto è univoco: la legge Severino è una norma “intrinsecamente irragionevole” perché mette in contrasto potere giudiziario e potere politico. “O è incostituzionale la legge o è incostituzionale il decreto legislativo” hanno scritto i tre giuristi perché – come ha fatto sapere il Pdl – “una legge ordinaria, come la ‘Severino-Monti’, non può violare il diritto all’elettorato passivo tutelato dalla Carta“. Oltre ai sei pareri pro veritate, tra i documenti depositati in giunta anche una lettera scritta da Silvio Berlusconi, in cui il Cavaliere annuncia il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro l’applicazione della legge Monti-Severino.

Pareri pro veritate depositati, B. ricorrerà a Strasburgo
Quella dei pareri pro veritate, del resto, è una carta che i berlusconiani caleranno sul tavolo nel momento opportuno per rinviare il parere della Giunta e prender tempo. Il 9 settembre, raccontano da Palazzo Grazioli, il relatore Andrea Augello terrà il suo intervento. Se la sua proposta finale dovesse essere bocciata dalla maggioranza della Giunta a quel punto bisognerà nominare un nuovo relatore e si aprirà la procedura di contestazione. Questo significa che bisognerà convocare una nuova udienza pubblica con annesso slittamento del voto. E qui entrano in ballo le relazioni in questione. Dopo l’intervento del relatore, infatti, qualche senatore azzurro potrebbe (condizionale d’obbligo) chiedere di adottare i pareri pro veritate di costituzionalisti e giuristi di fama. Che vuol dire altre sedute, altro tempo utile a disposizione in attesa dell’uscita delle motivazioni della sentenza della Cassazione su Mediaset e qualche margine in più di trattativa per un atto di pacificazione nei confronti del leader pidiellino. Il deputato Donato Bruno è categorico: “La Giunta non va intesa come un plotone di esecuzione. Ma deve decidere con scienza e coscienza”. Il Pdl, quindi, metterà in campo tutte le iniziative possibili per garantire a Berlusconi la possibilità di difendersi al meglio.

Tra i democratici Fioroni appoggia lodo Violante
Sul piano giuridico, quindi, il Cavaliere ha ancora qualche freccia nella sua faretra. Un dato di fatto che sta avendo anche ripercussioni politiche. Il muro erto dal Pd sulla questione decadenza, infatti, non è granitico come vogliono far sembrare da Largo del Nazareno. Qui, infatti, tengono ancora banco i discorsi sul ‘lodo Violante’, con il fronte di coloro che vogliono cercare di salvare il governo a ogni costo che s’ingrandisce ogni giorno. Violante, dal canto suo, a Repubblica Tv ha risposto alla netta chiusura di Epifani. “Rispetto la linea del partito, ma bisogna decidere dopo aver ascoltato le difese” ha detto il ‘saggio’ del Pd, la cui proposta – non è un mistero – è piaciuta non poco al Colle, sempre favorevole alla pacificazione ormai perduta nelle larghe intese. “Se ci fossero i presupposti potrebbe essere legittimo il ricorso alla Corte Costituzionale o, per altre ragioni, alla Corte di giustizia del Lussemburgo. Se ci fossero i presupposti, ripeto” sottolinea Violante, spiegando che la “posizione del Pd” in merito al voto sulla decadenza è “quella del segretario Epifani”. “La mia è un’opinione personale” precisa Violante. Che poi aggiunge: “Epifani ha anche detto giustamente che Berlusconi ha il diritto di difendersi e se ha diritto di difendersi, gli altri hanno il dovere di ascoltare e decidere dopo aver ascoltato la difesa”. Quanto alle indiscrezioni su un possibile ‘interesse’ del Colle sulla sua posizione, Violante taglia corto: “Non ne so nulla”.

Al fianco del saggio del Pd, si schiera l’ex ministro Beppe Fioroni, che chiede al partito di non essere prevenuto nei confronti di Berlusconi. “Se il Pdl dispone di elementi di chiarimento, seri e che non siano né sotterfugi né banali perdite di tempo, allora non cambierebbe molto decidere il 9 settembre o più in là” dice a Formiche.net l’ex democristiano, che valute “le parole di Violante come un’opinione seria a sostegno dell’idea che si possano concedere approfondimenti a chi abbia dubbi, se i dubbi sono reali. D’altra parte questa è una posizione perfettamente compatibile con quella di chi ha, dalla propria parte, la certezza delle singole convinzioni”. Fioroni, tuttavia, non vuol sentire parlare di salvataggio “perché ci metterebbe su un binario fuorviante”, avverte. E sui venti di crisi nel governo evidenzia che “esprimersi oggi sulla fiducia al governo Letta, in una crisi aperta da un importate leader del nostro Paese, diventa un bivio tra chi dice sì all’interesse degli italiani e chi all’interesse di uno: questo è il senso di responsabilità a cui siamo chiamati”.

Dini e Monti scudi umani pro Berlusconi. Il professore apre alla grazia
A caldeggiare la via d’uscita o almeno il rinvio della fine del Cavaliere non c’è solo Violante, ma anche altri rappresentanti politici di ogni schieramento. Detto di Pierferdinando Casini (che spinge per il rinvio del caso Berlusconi alla Corte costituzionale), spingono per la pacificazione con il Pdl anche Lamberto Dini e, come detto Mario Monti. Il primo parla chiaro: “In questo momento la priorità è evitare la crisi di governo. Se questo è l’obiettivo, guadagnare tempo è essenziale” spiega l’ex direttore di Bankitalia, secondo cui “avere sei mesi-un anno di tempo in più è importantissimo per mettere l’Italia al riparo dalle speculazioni finanziarie”. “Come principale forza di maggioranza – è il ragionamento di Dini – il Pd è pienamente coinvolto e allora potrebbe non ostacolare il ricorso alla Corte Costituzionale affinché stabilisca, come ha suggerito anche Luciano Violante, la costituzionalità e l’applicabilità delle norme della legge Severino. Dopo di che – conclude l’ex premier – se le norme sono applicabili, a Berlusconi non resterà che prendere atto e ritirarsi in buon ordine, altrimenti il Cavaliere potrà restare in Parlamento“.

Diverso nel contenuto, ma identico nell’obiettivo finale, invece, il parere di Mario Monti, che alla legge anticorruzione in questione ha dato il nome insieme all’ex guardasigilli Severino. Ed è proprio lui a volerla neutralizzare con la grazia a Berlusconi, anche se prova a spiegare che così non è. “La sentenza della Cassazione é definitiva, non c’è che da prenderne atto e da metterla in atto – ha detto l’ex premier – Sulla grazia, vorrei chiarire che é una scelta che spetta al Capo dello Stato e la legge Severino é stata introdotta dal governo da me presieduto. Non ho, inoltre, nessuna ragione di dolcezza nei confronti di Berlusconi” ha detto Monti. Che poi spiega: “Ho parlato di grazia perché qualcuno ha proposto l’amnistia, provvedimento che da cittadino mi sembra che introdurlo proprio nel momento in cui c’è il caso Berlusconi darebbe ai cittadini italiani e al resto del mondo l’idea che lo Stato di Diritto in Italia é abbastanza maneggiabile e che si fa l’amnistia perché c’è un importante personaggio che merita attenzioni particolari”. La grazia, quindi, ma a una condizione: “un provvedimento di clemenza sarebbe giustificato se lasciasse in campo, mantenendone la guida morale, un moderno partito di destra e non un partito populista in mano a falchi”. I tentativi di ricompattare le larghe intese aumentano, quindi. A sperare non solo il Cavaliere, ma anche Enrico Letta e Giorgio Napolitano.