Scienza

Pianeti extrasolari, il loro identikit svelato dal canto delle stelle

È quanto promette una nuova tecnica, descritta su Nature, che 'traduce' in suono le variazioni di luminosità delle stelle.Messa a punto dal gruppo coordinato da Fabienne Bastien dell’università americana di Vanderbilt a Nashville, la tecnica permette di calcolare dal 'canto' la gravità superficiale delle stelle e da questa misura il passo per ottenere l’identikit dell’astro e dei suoi eventuali pianeti è breve

L’identità di molti pianeti esterni al Sistema Solare potrebbe essere svelata dal ‘canto’ delle stelle che li ospitano. È quanto promette una nuova tecnica, descritta su Nature, che ‘traduce’ in suono le variazioni di luminosità delle stelle.

Messa a punto dal gruppo coordinato da Fabienne Bastien dell’università americana di Vanderbilt a Nashville, la tecnica permette di calcolare dal ‘canto’ la gravità superficiale delle stelle e da questa misura il passo per ottenere l’identikit dell’astro e dei suoi eventuali pianeti è breve. “Una volta che si conosce la gravità superficiale di una stella, per determinare massa, dimensioni e altre sue importanti proprietà fisiche, si ha solo bisogno di un’altra misura, la sua temperatura, che è abbastanza facile da ottenere” ha rilevato uno dei principali autori, l’astronomo Keivan Stassun dell’università di Vanderbilt. Una volta che si conoscono dimensioni e massa della stella si riesce a stimare anche la grandezza del pianeta. Con questa tecnica le stime delle grandezze dei pianeti extrasolari migliorano del 50%. Ottenere misure accurate delle dimensioni dei pianeti è fondamentale per comprendere la loro vera identità e scoprire per esempio se sono rocciosi come la Terra o gassosi. Il metodo è stato messo a punto utilizzando i dati registrati da Kepler, il telescopio spaziale della Nasa che è stato messo fuori uso da un guasto. La tecnica necessita di lunghe osservazioni condotte sulla stessa stella e il telescopio osservava gli astri per molto tempo a caccia dei cali periodici di luce dovuti al transito dei pianeti davanti al loro disco.

La tecnica, per l’astronomo Raffaele Gratton, dell’Osservatorio di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), “è molto interessante perché permette di ottenere parametri più precisi relativi alle stelle e di conseguenza dei pianeti orbitanti ma per ora è applicabile solo ai dati di Kepler perché necessita di lunghe osservazioni come quelle condotte da questo telescopio spaziale”.

L’abstract su Nature