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Siria, Onu: “Chiarezza su armi chimiche”. Francia minaccia uso della forza

Dopo la denuncia di ieri dei ribelli, che avevano parlato di 1300 morti in un attacco con gas tossici, il Consiglio di Sicurezza assicura che verificherà l'accaduto. Ma il governo respinge le accuse e avanza la tesi del complotto: "Sarebbe stato un suicidio usare armi chimiche il giorno dell'arrivo dei tecnici delle Nazioni Unite"

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu chiede sia fatta “chiarezza” sul presunto uso di armi chimiche da parte del regime in Siria e “accoglie la determinazione del segretario generale Ban Ki Moon ad assicurare un’indagine pronta, approfondita e imparziale”. E’ questa la dichiarazione letta dalla presidente di turno, l’argentina Maria Cristina Perceval, al termine del Consiglio di sicurezza dell’Onu riunitosi in via straordinaria ieri sera dopo la denuncia dei ribelli siriani.

Nella mattinata di ieri attivisti del Consiglio del comando rivoluzionario avevano parlato di almeno 1300 morti in un attacco con gas tossici nella regione della Ghouta; e avevano diffuso un video dai contenuti molto forti, in cui si vedono centinaia di cadaveri senza ferite e bambini con difficoltà respiratorie e bava alla bocca. Proprio queste immagini avevano scatenato una serie di reazioni diplomatiche, come la richiesta di un’indagine immediata da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti; e avevano portato il Consiglio dell’Onu, già presente in Siria con una missione di sicurezza, a convocare una riunione d’emergenza.

[Attenzione, il video pubblicato qui di seguito contiene immagini forti che possono urtare la sensibilità dell’utente]

Il Consiglio ha partorito un testo ‘di compromesso‘, in base al quale non richiede direttamente un’inchiesta ma promette di far chiarezza, e che riflette le divisioni fra gli occidentali da una parte e Russia e Cina dall’altra. Fonti diplomatiche aggiungono che, a causa dei combattimenti, potrebbe essere difficile per gli ispettori dell’Onu presenti in Siria raggiungere il luogo dove sarebbe avvenuto l’attacco ocn il gas nervino. A tal proposito la commissione di inchiesta che si trova in Siria sta negoziando con il governo locale la possibilità di avere accesso alle aree. “E’ stata presentato la richiesta di visitare la Ghouta occidentale – ha rivelato all’agenzia Dpa una fonte diplomatica occidentale a Beirut – ma per ora la risposta del governo siriano è che la situazione in quell’area è troppo pericolosa perché il team possa entrarvi”.

Oggi, intanto, proseguono sia le reazioni che gli scontri. Le Forze Armate del presidente siriano Bashar al-Assad hanno bombardato i sobborghi di Damasco in mano ai ribelli, secondo quanto rivelato dagli stessi attivisti, mantenendo la pressione sulla regione assediata. Razzi lanciati da vari lanciamissili e artiglieria pesante hanno colpito i sobborghi orientali di Jobar e Zamalka. In seguito ai nuovi attacchi, la Francia ha dichiarato che, se il consiglio disicurezza dell’Onu non fosse in grado di prendere una decisione sui presunti attacchi con armi chimiche in Siria, le decisioni dovrebbero essere prese “in altri modi“. Lo ha detto in tv il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, aggiungendo però che “non è in discussione di mandare truppe sul campo”.

Il governo siriano, però, respinge al mittente tutte le accuse. L’utilizzo di armi chimiche nel primo giorno di lavoro degli esperti Onu in Siria, infatti, sarebbe stato un “suicidio politico”, afferma all’Afp un alto funzionario dei servizi di sicurezza di Damasco. “Tutti gli analisti – aggiunge – concordano sul fatto che non è nel nostro interesse, date le circostanze attuali, utilizzare armi chimiche con gli ispettori sul posto”. Da ieri, infatti, in Siria sono presente i tecnici della missione dell’Onu incaricata di verificare il presunto utilizzo di armi illegali nel conflitto civile.

E mentre i servizi israeliani ritengono che il regime siriano abbia effettivamente fatto uso di armi chimiche (“Sono state impiegate e non è la prima volta”, ha detto il ministro israeliano per le Questioni Stategiche, Yuval Steinitz), c’è anche chi – schierandosi col governo di Damasco – rilancia la tesi del complotto. “L’attacco con agenti tossici di ieri in Siria sembra essere un ‘casus belli’ creato ad arte per giustificare un’escalation militaredelle potenze straniere, come quello che nel ’64 autorizzò l’intervento americano in Vietnam“. A sostenererlo è Gwyn Winfield, esperto di armi chimiche e capo delle Falcon Communications inglese. In un’intervista a Repubblica, il tecnico britannico aggiunge anche che “è difficile credere che il regime di Assad lanci un’offensiva del genere in simultanea con l’arrivo a Damasco degli ispettori Onu incaricati dell’indagine sulle armi chimiche. Un’azione del genere non giova certo al regime, che in ogni caso verrà incolpato”, conclude Winfield.