Lo shock mi ha spinto a una riflessione sulla gestione del tempo, dei ritmi. A un approfondimento sui cicli circadiani… improvvisamente mi è apparso più chiaro quante liti tra noi adulti si sarebbero potute evitare se avessimo tenuto presente che eravamo nervosi perché avevamo fame. Discussioni esacerbate solo dal fatto che avevamo dormito poco.
Ci sentiamo ben al di sopra del tasso di glicemia nelle nostre vene o delle ore di buio di cui abbiamo bisogno: mai e poi mai ammetteremmo di essere qualche volta in balia di istinti così primitivi. Eppure che lo vogliamo o no c’è qualcosa che ci lega alla terra, alla natura al ritmo del tempo. C’è qualcosa che i bambini conoscono ancora.
Non c’è gelato o divertimento che tenga quando il sonno se li prende con quel torpore pesante che li lascia ciondolanti ovunque si trovino. Mi ricordo un concerto per soli fiati dopo cena. Ottoni da spaccare i timpani: ma i miei bambini si erano addormentati beati in prima fila come se una voce angelica stesse sussurrando la ninna nanna di Brahms.
L’altro giorno ho invitato Estelle e Francesco. Sono venuti senza bambine: “sai siamo nordici loro vanno a letto presto.”
Presto significa le 18.30. Ad agosto. In Italia.
Non è che qualche volta esageriamo per troppo scrupolo?
Il Fatto Quotidiano, 21 Agosto 2013