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“Fiat Mirafiori esempio della crisi dell’auto europea. La soluzione? Chiudere”

L'analisi è del Wall Street Journal che suggerisce la ricetta americana per superare il momento difficile dell'industria automobilistica. "Le case europee perdono miliardi mantenendo fabbriche e dipendenti di cui non hanno più bisogno. In Usa per ristrutturare General Motors e Chrysler sono stati chiusi 18 stabilimenti"

La Mirafiori come esempio della crisi dell’industria automobilistica europea. E’ l’analisi del Wall Street Journal, secondo cui il grave errore della Fiat – come delle altre case automobilistiche del vecchio continente – è stato uno solo: non seguire il modello americano. Ovvero, non tagliare i ‘rami secchi’ e chiudere tutte le fabbriche poco produttive. 

L’articolo – intitolato “Dipendenti Fiat pagati per stare a casa” (e centrato sul funzionamento della cassa integrazione) – trova spazio nella homepage dell’edizione online del quotidiano statunitense. La Cig e la condizione dei dipendenti del Lingotto, però, sono solo lo spunto per una più ampia riflessione sullo stato dell’automobile europea. “Un tempo stella dell’industria manifatturiera italiana – si legge nel testo -, la sottoutilizzata e sottofinanziata fabbrica di Mirafiori oggi incarna tutto ciò che è andato storto nell’industria automobilistica europea”.

Dopo aver elencato i numeri della crisi, il Wall Street Journal prova a individuarne le cause. E scrive: “Né la Fiat né altre case europee hanno seguito l’esempio americano ed effettuato i massicci tagli necessari a portare la produzione in linea con i valori della domanda in caduta libera”. Quale sia questo modello da imitare è presto detto. “Nel corso della crisi finanziaria del 2008 – spiega il quotidiano statunitense – in America 18 fabbriche automobilistiche sono state chiuse. Molte di queste come parte del piano governativo di ristrutturazione della General Motors e del Gruppo Chrysler, la cui maggioranza oggi è di proprietà proprio di Fiat”. Il Lingotto, invece, “dopo la chiusura di uno stabilimento in Sicilia nel 2011 (il riferimento è a Termini Imerese, ndr), ha evitato ulteriori chiusure”. Tra il 2007 e il 2014 in Europa sono state chiuse ‘solo’ sei fabbriche: “Non abbastanza per colmare il gap fra produzione e domanda”.

Un grave errore di valutazione, secondo il giornale. Perché “in Europa i dati sulle vendite sono così negativi che meno della metà delle fabbriche opera al minimo della capacità (pari al 75%) necessaria a chiudere in pareggio“. Una situazione insostenibile per le logiche di profitto: “Le case automobilistiche europee perdono miliardi di dollari continuando a mantenere fabbriche e dipendenti di cui non hanno più bisogno“. 

Il Wall Street Journal si sofferma sulle misure alternative adottate dalle case europee per combattere la crisi: dismettere la produzione di vecchi modelli, mettere migliaia di dipendenti in cassa integrazione, investire nei mercati emergenti. Provvedimenti comunque insufficienti ad invertire la tendenza negativa, se è vero che “nessuna di queste case prevede di chiudere in pareggio, almeno fino al 2015″, come rileva Abbas Ali Quettawala, analista per Sanford C. Bernstein. E stante queste condizioni, le prospettive restano cupe. 

“La Fiat – ricorda il Wsj – impiega in Italia oltre 40mila dipendenti. Ma per il momento ha sospeso gli investimenti nel Paese, lasciando nel limbo la fabbrica di Mirafiori”. E, con essa, migliaia di lavoratori