Società

Se a Lioni (Av) si sgombera la democrazia

Cosa è la democrazia? Salvemini ci ricordava che è come un figlioletto in fasce: se gli dai latte cresce e si irrobustisce. Se invece lo trascuri, s’infragilisce e infine muore. Gli amministratori del comune di Lioni, che pure sono convinti di essere democratici e molto di sinistra, stanno sgomberando – appellandosi al guazzabuglio della ripicca, della ritorsione, del filibustering del dominio incerto – una fragile ma viva esperienza democratica.

Lioni è un bel comune irpino, raso purtroppo al suolo dal sisma dell’80, ma poi ricostruito. Fu una disgrazia maestosa e di pari imponenza la ricostruzione che ne seguì. In una terra povera e spopolata fu montata la più ciclopica, disgraziata e corrotta impresa del cemento. Nelle aree terremotate si sono costruiti oltre quattrocentomila vani in più del necessario. Si edificarono non luoghi, vaste cubature che sono nel tempo risultate la testimonianza dell’incapacità, dell’incultura, della dabbenaggine di una intera classe dirigente. Anche Lioni ha più case del necessario e del possibile, anche Lioni soffre del cemento inutile, dei talenti che scappano via, dell’economia domestica che si riduce alla pensione di vecchiaia.

Lioni, come tutto il Sud, sta morendo di fame. Piano piano, poco a poco. Alcuni ragazzi hanno occupato uno dei mille spazi inutilizzati. Poche decine di metri quadrati dove si ritrovano, si confrontano, bisticciano semmai. Ascoltano musica, parlano di politica, contestano, provocano. Fanno quel che si deve fare per sentirsi vivi. Giovani e forti. Il centro sociale Rouge è un luogo gradevole, pulito, ordinato. E’ un punto di accesso alla speranza e alla battaglia. E’ un seme che gli amministratori locali dovrebbero tutelare, favorire, sostenere con ogni sforzo.

Nel nulla che c’è il Rouge è un bel fiore rosso che cresce. E invece? Invece i ragazzi non sono a posto con le bollette elettriche, non hanno tutti i passi necessari, i visti delle Autorità. E’ veramente increscioso che io debba ricordare quale sia lo spessore malavitoso della classe politica meridionale, quanta sia l’amoralità che governa le geste di decine di essi, e di quale ampiezza l’impunità. Come è possibile che il sindaco Rodolfo Salzarulo, che nella sua biografia segna – immagino orgogliosamente – la sua militanza in Democrazia Proletaria (formazione di sinistra a cavallo degli anni 80), sostenga un atto così rotondamente scellerato senza che provi  umiliazione e incredulità per l’opera distruttiva, ingiustificabile e anche parecchio ingiuriosa verso l’intelligenza sua e dei suoi colleghi di giunta, verso la propria storia, i propri convincimenti, le proprie passioni? Perché sfrattare questi ragazzi? Si fermi sindaco, abbia pietà dei suoi monti e della sua città svuotata di ogni speranza. Convochi i ragazzi del Rouge e gli ricordi la ferocia dei manganelli e delle punizioni esemplari di cui sarà stato testimone, della emarginazione che avrà patìto insieme ai suoi compagni. Prometta loro che quello è il passato che non deve e non può più ritornare.